Dopo un anno dalla morte di Masha Amini, la giovane curdo-iraniana arrestata per aver indossato il velo in modo scorretto, in Iran le cose non sono molto cambiate, anzi con l’inizio della rivolta “Donna Vita Libertà” il regime ha alzato il livello di repressione e si è macchiato di atroci torture e centinaia di uccisioni illegali di manifestanti, per cercare di silenziare la protesta.
Eppure, un episodio che ha fatto emergere quello che le Nazioni Unite definiscono un vero e proprio “Apartheid di genere”, ha preso sempre più la forma di una vera e propria ribellione culturale, sociale e politica per una domanda di maggior democrazia, libertà e modernità che riguarda tutta la popolazione e che ha come protagonisti soprattutto le giovani e i giovani. Secondo i dati elaborati dalla Foundation for defense of Democracies, aggiornati al 14 settembre 2023, le forze di sicurezza hanno ucciso 638 manifestanti, dei quali almeno 79 minorenni.
Cosa possiamo fare noi?
Un anno fa, la mobilitazione interna ha avuto una eco internazionale importante, soprattutto grazie ai social che rilanciavano le notizie e le proteste con l’hashtag #MahsaAmini, portando a manifestazioni e raduni in varie città del mondo.
A Milano – città medaglia d’oro della Resistenza contro la dittatura fascista –, il 6 febbraio scorso, il Consiglio comunale ha approvato all’unanimità un ordine del giorno di «condanna della violenza contro le manifestanti e i manifestanti in Iran» e a difesa dei diritti civili e politici delle donne e degli uomini in Iran.
Successivamente, il Consiglio comunale ha ospitato la vicesindaco di Francoforte – di origini iraniane, nata a Teheran e rifugiata in Germania –, per un confronto sul difficile momento storico che sta affrontando il popolo iraniano e fare un gesto concreto di sostegno degli oltre 18mila prigionieri attraverso l’adozione a distanza di un prigioniero.
In occasione dell’anniversario della morte di Masha Amini, su richiesta della comunità iraniana milanese, si è tenuto a Milano un corteo che, partendo da Corso Venezia, è giunto a Palazzo Marino, dove è stata esposta la foto di Mahsa Amini, divenuta un simbolo della condizione femminile nella Repubblica islamica, accompagnata dalla scritta “Donne, vita, libertà. Solidarietà alle donne iraniane”, per dimostrare la vicinanza dell’Amministrazione comunale a tutte le donne iraniane vittime del un feroce regime degli Ayatollah e del suo apparato repressivo che viola in continuazione i diritti di cittadini inermi.
Anche da lontano, possiamo tenere alta l’attenzione e continuare a parlarne, anche perché sono sempre più numerosi gli arresti di cittadini stranieri da parte dello Stato islamico per fare pressione sui Paesi occidentali per alleggerire le sanzioni.
