I fatti accaduti a Caivano e in altri quartieri dimenticati del nostro Paese sono gravi e non vanno cancellati. Ma l’obiettivo, anche quando si arriva alle misure cautelari, deve sempre essere la prospettiva di un recupero definitivo. Non si può penalizzare senza risolvere, reprimere invece di educare, colpevolizzare anziché aiutare. Come ha detto don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, «occorre agire su un doppio binario: quello della repressione e quello dell’educazione. Guai a separare questi fratelli siamesi». Per questo servono istituzioni forti, non perché capaci di usare la forza, ma perché abbiamo la fantasia e i mezzi necessari per poter mettere in campo percorsi di crescita e di sviluppo personale.
Non ci vuole molto a capire che alla base di questo disagio c’è un vuoto: educativo, sociale, istituzionale, magari anche familiare.
Serve certamente una presenza adulta credibile, ma spesso non si trova nella famiglia che non riesce più a intercettare i suoi figli, anzi li teme e talvolta se ne vuole addirittura liberare… Serve certamente un di più di impegno educativo, ma talvolta la scuola non riesce a parlare a certi alunni, soprattutto se insegue il profitto e il merito… Serve certamente un presidio sociale più attento, ma spesso il quartiere sa offrire solo tentazioni e cattivi esempi, mentre l’oratorio è sempre più vuoto…
E allora? Allora bisogna che tutti questi livelli insieme lavorino per rafforzare un contetso sociale che cambi le condizioni, per creare una vera “comunità educante”: adulti e istituzioni devono investire in un impegno diverso sulle nuove generazioni, per esempio con interventi di educativa di strada e di prossimità, con progetti volti alla socialità e alla partecipazione attiva, potenziando gli assistenti sociali o le reti civiche che affiancano le famiglie, creando opportunità di formazione e lavori legali.
Per questo torno a segnalare le risorse che l’Amministrazione ha messo in campo attraverso il bando per l’individuazione di soggetti qualificati disponibili alla coprogettaizone e alla cogestione di progetti di partecipazione e protagonismo dei giovani: servono percorsi capaci di rendere i giovani protagonisti attivi sul territorio, favorendone l’autonomia, lo spirito di iniziativa e la consapevolezza di un protagonismo positivo e costruttivo, nel segno della costruzione del bene collettivo, della valorizzazione degli spazi pubblici, della promozione del bello e del buon uso della città. È importante radicare l’aggregazione e la socialità nella dimensione del quartiere, favorendo lo sviluppo di un senso di appartenenza che rassicura e identifica, in positivo.