A Milano serve sicuramente più attenzione a chi si muove in bicicletta e il lavoro di questi anni, potenziando la presenza di piste ciclabili, va in questo senso, anche se ha messo in difficoltà le automobili.
Credo che per centrare l’obiettivo, il tema vada affrontato su vari livelli: politico, tecnico, comunicativo e partecipativo. Cioè non basta decidere che va data più attenzione e più spazio all’uso della bici in città; vanno anche pensate ed elaborate coerentemente le soluzioni per attuare questa decisione politica che deve essere comunicata, condivisa e compresa dalla cittadinanza, non solo da quella parte di utenti delle ciclabili. Gli incidenti accorsi in città – che solo in questa prima parte dell’anno hanno causato 5 morti e molti feriti – hanno sollevato questa attenzione e convinto molti che prima erano indifferenti al problema nell’urgenza di qualche intervento più coraggioso.
Cosa si può fare? Cosa si sta facendo?
Intanto dal 1° ottobre entreranno in vigore nuovi provvedimenti per Area B e Area C, in particolare la norma che prevede per i veicoli destinati al trasporto di merci la dotazione del sistema ADAS (Advanced Driver Assistance System), ovvero Sistema avanzato di assistenza alla guida per rilevare la presenza di pedoni e ciclisti in prossimità della parte anteriore del veicolo o sul lato del marciapiede e di emettere un segnale di allerta nonché di apposito adesivo che segnala il pericolo dovuto all’angolo cieco, norma chiesta e votata dal Consiglio comunale.
C’è poi il tema controverso e spesso oggetto di polemiche delle piste ciclabili. Oggi a Milano sono presenti 312 km (circa il 16% delle strade totali) fra piste in struttura, bike lanes e zone con limite di velocità a 30 km/h. L’obiettivo è di espanderle progressivamente, ridisegnando anche la segnaletica con le “case avanzate”, cioè linee d’arresto ai semafori riservate alle biciclette e poste più avanti rispetto alla linea di arresto dei veicoli a motore, così da rendere le due ruote più visibili all’incrocio e permettere ai ciclisti di non soffocare respirando gli scarichi delle auto in sosta.
Da mesi si dibatte anche dell’introduzione delle zone 30 chieste da ordine del giorno votato dal Consiglio comunale. Ma su questo il Codice della strada è molto limitativo e giustamente non lo prevede nelle arterie a scorrimento veloce. Lo si sta valutando invece per strade adiacenti agli istituti scolastici, per controviali e in alcuni quartieri, come Isola.
Si stanno diffondendo sempre più le cosiddette “strade scolastiche” ovvero zone “car free” in prossimità di istituti scolastici, realizzate con interventi di urbanistica tattica, con transito consentito solo a pedoni, bici, mezzi per il trasporto dei disabili e scuolabus, dove è vietato, temporaneamente o in modo permanente, il traffico degli autoveicoli in modo che tutti possano raggiungere la scuola in sicurezza.
Agevolare la mobilità in città prevede anche una seria riflessioni sui parcheggi. Non ci nascondiamo che gli attuali parcheggi disponibili in città sono insufficienti per soddisfare le necessità correnti. In occasione di un incontro con l’associazione Assimpredil Ance del 21 aprile scorso, a cui ha partecipato anche il sindaco, è stato stimato che a Milano mancherebbero circa 89.000 posti auto durante il giorno e 34.500 nella notte. Stiamo quindi studiando un nuovo piano di parcheggi, con priorità a zone dove la necessità è particolarmente urgente come viale Bande Nere, Città Studi, viale Corsica, viale Umbria e viale Molise.
Serve, infine, anche maggior rispetto del Codice della strada e dunque una maggiore presenza di vigili e ausiliari del traffico. Anche su questo c’è un fattivo impegno da parte dell’assessorato: nell’ultimo anno è stato emesso il 40% in più di multe per vigilare sulla sicurezza stradale. Insomma c’è molto molto da fare, e siamo impegnati anche su questo fronte.