Intervenendo sul tema dell’adozione e dell’affido familiare, presso l’Università Cattolica di Milano, ho posto quattro questioni che toccano da vicino il Comune di Milano
In occasione della presentazione del volume “Psicologia dell’adozione e dell’affido familiare” (ed. Vita e Pensiero), presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, ho avuto l’onore e il privilegio di dialogare con le autrici Rosa Rosnati e Raffaella Iafrate, in quanto esponente della comunità politico-amministrativa di questa città e come mamma adottiva.
L’impostazione del volume parte dal diritto fondamentale della persona ad essere figlio, generato, curato, amato e educato e declina questo diritto in una prospettiva RELAZIONALE-GENERAZIONALE che fa emergere la GENERATIVITÀ SOCIALE che come adulti, come istituzioni, come città possiamo mettere in atto.
Ma quali sono le azioni politiche che possono proteggere l’essere figlio (ovvero la dimensione domestica e privata), affinché cresca e venga riconosciuto come cittadino pienamente titolato a far parte della comunità (ovvero la dimensione pubblica)? Entrambi i percorsi di adozione e affido partono dall’ammissione di uno stato di difficoltà e mettono sempre l’intero sistema famiglia alla prova.
Più mi addentravo nella lettura del volume, più mi interrogavo su come la politica/l’azione amministrativa possa favorire/ostacolare/rimanere indifferente rispetto al bisogno di creare FIDUCIA reciproca e indurre alla SCELTA di perdersi cura e di partecipare al compito di genitorialità e al bisogno di filiazione.
Perciò non mi sono sottratta a lasciarmi interrogare – anche in modo scomodo e un po’ spinoso – su alcuni temi caldi per la nostra città e la nostra amministrazione. Ho dunque raccolto alcune sfide che rilancio su 4 temi in particolare:
1. Forme peculiari di affido e adozione
Alcuni eventi drammatici occorsi in città nei mesi scorsi sostengono queste domande ed esigono delle risposte.
Lo sconcerto e l’orrore suscitati dalla tragedia della piccola Diana e ancora dalla bimba abbandonata su un cassonetto chiedono alla comunità e alle istituzioni maggior impegno per intercettare i bisogni dei più fragili e attivare nuove misure di sostegno alla genitorialità.
Certo esistono Centri di aiuto e di ascolto, servizi di accompagnamento e sostegno, presidi sanitari e pediatrici competenti della nostra Città e delle nostre parrocchie, esistono equipe di studio come quella dell’Università Cattolica… ma tutte queste realtà devono lavorare in modo coordinato e intercettare le persone nel momento opportuno, devono riuscire a diramare informazioni preziose e vitali a chi è in difficoltà, devono sostenere nuclei familiari che non hanno altri riferimenti.
Dobbiamo passare da una rete di servizi a una rete di relazioni attenta al contesto: la generatività sociale è capace di un respiro relazionale che fa sentire comunità e offre un contributo creativo corale contro la solitudine grazie alla solidarietà operosa.
Oggi è il momento della creatività, perché le risposte tradizionali e anche le reti di prossimità attivate, ancorché collaudate, non bastano più.
Il Comune di Milano aveva avviato nel 2016 il progetto Famiglie creative una sperimentazione temporanea su fondi destinati alle amministrazioni locali dalle Legge 285/1997 su Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza. Erano stati messi a bilancio per il 2016 oltre 55 milioni di euro, per progetti non solo assistenziali, ma che potessero offrire più articolate e diverse opportunità di coinvolgimento dei bambini e delle loro famiglie nel segno del mutuo aiuto. Progetto non più rinnovato data l’esiguità delle famiglie raggiunte a fronte di un forte investimento organizzativo e amministrativo.
Eppure questo modello rispondeva a quello che nel testo viene chiamato “affiancamento familiare” e garantiva prevenzione; supporto e relazione di reciprocità; centralità dell’intero nucleo familiare, facendo leva sulle sue risorse potenziandole; interazione pubblico e privato con coinvolgimento di tutta la comunità territoriale. In sintesi, uno scambio solidale tra famiglie come forma di generatività e di filiazione “sociale” che travalicava i confini familiari e otteneva una RISPOSTA CORALE DELLA COMUNITÀ.
Nel volume si illustrano percorsi, sperimentazioni, forme leggere e semplificate x rispondere meglio al tipo di bisogni dei figli e di chi li ha messi al mondo. Sosteneteci nel promuoverle e implementarle a livello cittadino!
2. Minori stranieri non accompagnati e affido
In due anni i Minori stranieri non accompagnati seguiti dal Comune di Milano sono quasi raddoppiati: il Comune ha attualmente in carico circa 1300 minori stranieri non accompagnati.
Questo che ha portato il sistema cittadino ad andare ben oltre la sua capacità di accoglienza, tanto che ben il 30% dei ragazzi, pur essendo in carico all’Amministrazione milanese, è ospitato in comunità fuori città e addirittura fuori regione, con conseguenze negative sui percorsi di inclusione scolastica e lavorativa, perché le norme attualmente in vigore assegnano ai comuni la responsabilità di farsi carico dei minori stranieri non accompagnati che vengono rintracciati sul territorio cittadino, senza prevedere, come nel caso degli adulti, un meccanismo equo di redistribuzione a livello nazionale.
Tra l’altro dal volume emerge chiaramente come sia preferibile la «possibilità di fare un’esperienza propriamente familiare, con un numero contenuto di figure di riferimento (due genitori), piuttosto che con tanti educatori, in una famiglia piuttosto che in una comunità residenziale» (p. 251).
Vale dunque la pena di conoscere e approfondire le forme di affido e le sperimentazioni interessanti indicate nel volume (es. “affido potenziato” nel territorio di Cremona, p. 276).
Il Comune di Milano lavora con l’affido omoculturale (p. 282), quando cioè un minore in carico al sistema dei servizi milanesi va in affido a una famiglia della stessa nazionalità, permettendo al minore di vivere in un ambiente simile al suo, sia dal punto di vista culturale che linguistico e religioso.
Questo chiede collaborazione tra istituzioni e consolati, in particolare coi Consolati di Egitto, Albania, Tunisia e Bangladesh, da cui proviene quasi il 70% dei minori stranieri non accompagnati in carico al Comune di Milano (Egitto 593, Albania 138, Tunisia 103, Bangladesh 75). L’obiettivo è che i consolati promuovano presso le comunità di riferimento la conoscenza di questa opportunità, favorendo incontri di approfondimento collettivi insieme ai professionisti del Comune di Milano e anche colloqui individuali specifici, laddove fossero necessari.
3. Adozione/affido all’interno del contesto scolastico
La presenza dei minori adottati nelle scuole italiane, dunque anche milanesi, è divenuta negli ultimi anni un fenomeno numericamente rilevante, principalmente per i bambini provenienti da adozione internazionale. Ciò pone il tema del loro inserimento nel mondo della scuola, perché molti di loro vengono adottati in età scolare o comunque prossima ai 6 anni.
Esiste una normativa per favorire il diritto allo studio degli alunni adottati all’interno della scuola Primaria e Secondaria, che prevede un referente di istituto a supporto degli insegnanti e delle famiglie.
Stiamo lavorando per censirla nelle scuole milanesi, monitorarla, supportarla ed eventualmente estenderla anche all’ambito dei Nidi e delle scuole dell’Infanzia.
Non ci sono norme specifiche sull’introduzione di questa figura per Nidi e Scuole dell’Infanzia, per le quali si richiede più che altro particolare attenzione sulle modalità di ambientamento e inserimento.
Quello che i nostri Servizi educativi mettono in pratica già oggi, qualora ovviamente la famiglia voglia comunicare l’adozione, è di procedere con sensibilità e attenzione tanto nella relazione con il bambino, quanto nella relazione con i suoi genitori e nelle proposte educative al gruppo.
Stiamo ragionando con pedagogisti che si occupano del tema se normare e istituzionalizzare una figura specifica per Nido e Infanzia sia la strada da percorrere. Di certo una figura specifica è necessaria e presente per fragilità importanti, legate o meno a una adozione, e che potrebbe essere formata anche su questo tema specifico.
Gli strumenti proposti dalla normativa per le Scuole Primarie e Secondarie possono comunque costituire un buon esempio a cui riferirsi nel considerare le attività per l’inserimento del bambino adottato.
Dobbiamo curare i rapporti col mondo sociale SCUOLA: serve costruire un rapporto di solidarietà in un’ottica di reciprocità e diffondere una cultura dell’accoglienza familiare, affinché il sociale “adotti” quel figlio (p. 51-53).
4. Affido/adozione all’interno di famiglie omogenitoriali
Prendiamo atto che esistono diversi modi di fare famiglia e che la coppia tradizionale con figli è solo una delle tipologie di un arcipelago di famiglie in grande mutamento. Negli ultimi anni sono aumentate le persone che vivono sole, le convivenze e i figli di genitori non sposati, molte più coppie che in passato decidono oggi di non vivere insieme, le unioni si formano e si sciolgono a qualunque età, le famiglie composte da partner dello stesso sesso sono infine riconosciute dalla legge.
Nel volume si parla delle sfide che questo comporta per l’adozione e l’affido.
Accanto alla denuncia di «inopportuni atti valutativi e di controllo della loro capacità genitoriale» (p. 262), si legge anche che queste coppie possono essere una risorsa, o addirittura «in alcuni casi il collocamento dei minori all’interno di famiglie lesbiche o gay potrebbe effettivamente essere preferibile a collocamenti all’interno di coppie eterosessuali»; «alcuni minori, in particolare ragazzi che hanno avuto esperienze difficili con madri o donne che si sono occupati di loro, potrebbero trovare utile avere una collocazione presso soli caregiver maschi» (p. 262).
Vale dunque la pena allearci come istituzioni per approfondire studi e valutazioni sull’adozione per coppie omosessuali. Ho trovato negli interlocutori disponibilità al dialogo nella consapevolezza dei cambiamenti sociali in atto e nella disponibilità ad interrogarsi circa le forme e le modalità più adeguate di intervento delle istituzioni pubbliche.