A Milano oltre il 10% della popolazione vive in case pubbliche; nessuna altra città raggiunge la metà dell’offerta. Il sito del Comune fornisce spiegazioni in merito a come diventare inquilino di una casa popolare: partecipazione ai bandi pubblici, canone di affitto, obblighi a cui attenersi, costi ecc. Tuttavia questo patrimonio, in parte di proprietà del Comune, in parte della Regione, è spesso fatiscente e causa un disavanzo strutturale dal punto di vista finanziario, anche perché non riceve sussidi dallo Stato per la sua gestione. Allora ci domandiamo: Come si può strutturare un modello gestionale più efficace sul patrimonio abitativo pubblico, affinché sia rinnovato o addirittura accresciuto? È possibile superare storiche divisioni tra il patrimonio comunale e quello regionale e condividere una nuova strategia che metta al centro l’interesse della comunità?
Da tempo il Comune investe moltissime risorse per ristrutturarle, 104 milioni solamente negli ultimi 5 anni. Mentre sul fronte regionale, negli ultimi 20 anni, la leva principale di finanziamento è stata la cessione di patrimonio, che nella sola Città metropolitana ha ridotto le proprietà Aler da 100.000 a 70.000 unità immobiliari. Ma quest’ultima non mi pare una strategia che metta al centro l’interesse della comunità. Va sottolineato anche come, in meno di 10 anni, le occupazioni abusive nelle case gestite dal Comune si siano ridotte del 70%: dalle 1.740 del 2014 si è passati alle 567 attuali, grazie al lavoro di contrasto all’abusivismo da parte dell’ente amministrativo tramite intervento immediato e capillare all’interno dei caseggiati.
Le case gestite direttamente dal Comune di Milano, tramite la società partecipata MM, sono circa 28.000, ma solo 22.000 sono assegnate.
Una delle novità recentemente introdotte dall’Amministrazione per gestire questo “vuoto” e contemporaneamente far fronte al caro affitti che impedisce a molti lavoratori milanesi di avere un tetto in città, è il programma “Casa ai Lavoratori”. Si tratta di un progetto che si propone di assegnare in affitto 300 appartamenti di proprietà comunale, attualmente sfitti, a lavoratori con Isee fino a 26mila euro. I nuovi inquilini si occuperanno della ristrutturazione che sarà in parte dedotta dai costi della locazione agevolata. In questo modo sarà possibile affittare i 300 appartamenti a circa metà del prezzo di mercato. Le case sono situate soprattutto nei quartieri Gallaratese, Niguarda e Barona. Dopo l’autorizzazione definitiva da parte di Regione Lombardia sarà possibile assegnare questi 300 appartamenti in modo particolare a lavoratori dei servizi essenziali e alle aziende pubbliche e private che decideranno di collaborare con il Comune di Milano. L’Amministrazione comunale punta nell’arco dei prossimi mesi a salire fino ad un totale di 2mila alloggi. Si prevede che gli introiti derivanti da questa misura innovativa aiuteranno i conti delle case popolari. È il tentativo di individuare una parte di patrimonio su cui sviluppare progetti nuovi con standard innovativi, da estendere magari anche al resto degli immobili.
Precisa l’assessore Maran: «Gli alloggi di questo piano sperimentale sono case per le quali non si riuscirebbe comunque a intervenire nei prossimi due anni, ecco perché questa iniziativa ci avvicinerà ad avere realmente zero case sfitte e, allo stesso tempo, permetterà di dare un alloggio a cifre calmierate a oltre 2mila famiglie che oggi fanno fatica a trovare un affitto a prezzi coerenti con le loro disponibilità economiche. Molti di questi appartamenti sono in condomini misti e – nelle simulazioni – di fatto saranno affittati a circa la metà di quanto potrebbe pagare l’inquilino che affitta un appartamento analogo sullo stesso pianerottolo, ma da un privato».
Detto questo, è altresì da valutare se preservare gestioni che si occupano di decine di migliaia di immobili rappresenti la dimensione corretta o se in futuro, sia opportuno valutare anche differenti modalità di gestione che a oggi non sono attuabili, coinvolgendo operatori sociali o di altra natura che consentano sia performance gestionali migliori, sia un miglior contatto e conoscenza dei singoli inquilini e delle loro specifiche esigenze. E comunque sicuramente serve organizzare una strategia che consenta di dare una prospettiva a questo servizio e a questo patrimonio, per rispondere a bisogni sociali vecchi e nuovi, discutendo anche di alcuni tabù e confrontandosi con esperienze europee simili.