Si sono chiuse da qualche settimana le iscrizioni ai nidi per l’infanzia che quest’anno hanno visto l’avanzamento della richiesta da parte di 1000 famiglie in più rispetto al passato.
Poco dopo sono emersi i numeri: 4.484 nuovi bambini in età da Nido accolti e i 6.870 hanno trovato posto nelle Scuole dell’Infanzia del Comune di Milano. Ma ci sono anche 3.769 bambini tra da zero a tre anni finiti in lista d’attesa (l’anno scorso erano 2.782). Diversa è la situazione se, invece, si guarda alle scuole materne: nelle Scuole per l’Infanzia comunali la lista d’attesa è di 226 bambini (l’anno scorso erano stati esclusi inizialmente 524), che realisticamente sarà esaurita in breve tempo, grazie anche agli equivalenti posti rimasti liberi in città.
Diciamo innanzitutto che, sebbene lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi per la prima infanzia sia un compito primario del Governo, nello specifico al Ministero del Lavoro e delle politiche Sociali, il Comune di Milano spende ogni anno 90 milioni di euro di parte corrente per i servizi educativi per l’infanzia, che raggiungono ben 28mila bambini: un servizio che non ha pari in tutta Italia. Si tratta di un sistema che Milano sostiene con risorse proprie, molto articolato che, nel tempo, ha acquisito una sua peculiare fisionomia (cfr. la Carta dei Servizi educativi all’infanzia del Comune di Milano). Eppure tutto ciò è considerato dal Governo alla stregua di un servizio come quello offerto dalle scuole paritarie e non è riconosciuto né sostenuto nella sua specificità.
Certo per una famiglia che cerca un posto al nido per il proprio bimbo, questa differenza “burocratica” non conta e soprattutto non è percepita. Quello che viene percepito, invece, è la fatica nella gestione dei figli da parte dei genitori milanesi, che raramente hanno parenti nelle vicinanze o possono contare su una rete di supporto. In aggiunta, oltre al venir meno di una prima importante occasione educativa per i piccoli, questa esclusione ha spesso conseguenze sulle possibilità di lavoro e di carriera della donna.
Questo ci dice però anche che un Governo che parla tanto di famiglia dovrebbe davvero sostenere i Comuni che attuano politiche di questo tipo, in linea con le politiche di rafforzamento dei diritti dei bambini e della conciliazione tra vita familiare e vita lavorativa.
Nei prossimi mesi e fino a novembre ci sarà lo scorrimento delle graduatorie e il Comune continuerà a lavorare per confermare le convenzioni e gli accordi con i nidi privati. Credo opportuno anche valutare l’eventualità di un voucher per sostenere quelle famiglie che dovranno rivolgersi a strutture private per trovare un posto al nido. Ma allora, a maggior ragione, serve che anche il Governo creda e sostenga questa impostaizone politica. L’incremento di oltre 1000 richieste pervenuto quest’anno impone un’importante riflessione, tanto che Scavuzzo, Assessora all’Educazione, ha annunciato che «ci impegneremo con ancora maggior determinazione per portare questo crescente bisogno che emerge dalle famiglie milanesi su tutti i tavoli di confronto, locali e nazionali, con l’obiettivo principale di aumentare l’offerta educativa in città».
Sappiamo che le risorse del PNRR destinate al potenziamento degli asili nido e delle scuole dell’infanzia ammontano a 4,6 miliardi di euro, di cui 700 milioni per progetti già in essere (finanziati con fondi nazionali), 2,4 miliardi per la costruzione di nuovi asili nido, 600 milioni per le scuole dell’infanzia e 900 milioni per le spese di gestione. Ora dunque serve che il Ministero completi celermente la relativa istruttoria e sottoscriva gli accordi di concessione con gli enti locali beneficiari, in un complessivo percorso di accelerazione a tutela dell’investimento, sia per i suoi risvolti sui migliori risultati scolastici dei bambini destinatari di istruzione prescolastica, sia per l’aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro, con riduzione degli attuali divari territoriali e di genere.
Come sostiene Francesco Belletti del CISF – Centro Internazionale di Studi sulla Famiglia: «È importante verificare quanto viene investito oggi sulle politiche familiari: perché è doveroso ripristinare maggiore equità intergenerazionale, spostando già oggi risorse consistenti a favore delle generazioni più giovani. […] Le risorse per le giovani famiglie devono crescere in modo esponenziale, pena l’inefficacia degli interventi, e il conseguente inasprimento anche dell’inverno demografico, che diventerà sempre più gelido, e che paralizzerà sempre di più lo sviluppo futuro del Paese» (cfr. “ASSEGNO UNICO/ 54,10 euro contro i 200 in Germania: il gap nel sostegno alla famiglia”)