Ho accolto anch’io l’invito del decano di Città Studi a sostare insieme alla comunità cristiana in preghiera davanti al cassonetto di via Botticelli, diventato improvvisamente suo malgrado altare, triste monumento e lapide di una piccola milanese mai conosciuta.
Sostando lì davanti, mi sono concentrata su quella scritta che accomuna tutti i cassonetti della Caritas cittadina: “Dona valore”. Cosa ci dice oggi questo messaggio? È solo un esempio virtuoso a vantaggio dell’ambiente o può interpellarci in modo più profondo?
E recitando il Rosario con molte altre persone, mi sono interrogata…
Dona valore alla vita perché essa non è abbastanza tutelata: dalla vita di chi sta per venire al mondo alla vita di chi fa fatica a stare al mondo, dalla vita indifesa di una bambina che nasce alla vita respinta di una persona migrante, dalla vita inerme di una manina alla vita in pericolo di chi vive da sola il suo travaglio… Infanzia ed età adulta, ugualmente attraversate dal bisogno di accoglienza, attenzione, protezione. Soprattutto se si è donna e donna sola.
Dona valore alle persone perché vengono prima delle cose. Se ci fermiamo alla raccolta materiale degli indumenti, perdiamo di vista la finalità di questi cassonetti, il cui contenuto è destinato a persone in difficoltà e a creare opportunità di impiego per soggetti deboli. Ma nel nostro essere distratti, non ci accorgiamo che talvolta chi ha bisogno si trova proprio lì, di fronte agli stessi cassonetti…
Dona valore a ciò che viene scartato, non solo perché può ridurre l’impatto ambientale, ma soprattutto perché la “seconda vita” che attende chi è interessato da questo impegno di carità può essere salvifica e generativa. Centri di aiuto e di ascolto, servizi di accompagnamento e sostegno, presidi sanitari e pediatrici competenti della nostra Città e delle nostre parrocchie devono lavorare in modo coordinato e intercettare le persone nel momento opportuno, devono riuscire a diramare informazioni preziose e vitali a chi è in difficoltà, devono sostenere nuclei familiari che non hanno altri riferimenti: questa mamma sapeva che si può partorire in sicurezza e nell’anonimato? Sapeva che ci sono strutture pubbliche che garantiscono cure immediate alla partoriente e al nascituro? Perché non se ne è avvalsa? O perché non lo sapeva?…
Da oggi questi cassonetti gialli, diffusi in ogni quartiere, dal centro alla periferia, spesso imbrattati e bistrattati, possono diventare un monito per noi e per la nostra Città a dare valore a chi chiede aiuto, ma anche a chi non sa di poterlo ottenere e attende una nostra mano tesa a porgerlo.
La mia lettera al Direttore di “Avvenire” del 3 maggio 2023, con un invito a passare da una rete di servizi a una rete di relazioni, per essere più efficaci nell’intercettare i bisogni della Città.
