Dopo mesi di interlocuzione mia personale con l’amministrazione, finalmente è stata posata una targa commemorativa dedicata a Carlo Saronio, giovane ingegnere chimico e ricercatore, presso il palazzo di corso Venezia 30, in cui lo stesso viveva e dove è stato rapito il 14 aprile 1975, successivamente ucciso da potere operaio, all’età di 25 anni.
Grazie al nipote missionario padre Piero Masolo e a Mario Calabresi per aver proposto una lettura generativa della storia. Grazie anche ad Agnese Moro per aver testimoniato che il male può essere disarmato.
La conferenza “Ricreare Radici. Carlo Saronio, una storia di famiglia” svoltasi in Sala Alessi presso Palazzo Marino ha permesso di ricostruire la vicenda del giovane ingegnere ucciso e di guardare avanti: da tanto male e tanta violenza è nata la Fondazione Darefrutto, un’organizzazione no-profit con la missione della tutela e valorizzazione del patrimonio rurale e ambientale presso la tenuta San Marzano Mercurina, un tempo di proprietà della famiglia Saronio. Il progetto voluto da padre Masolo intende recuperare luoghi e territori abbandonati e mediante operazioni di riqualifica riportarli a nuova vita, con l’obiettivo di restituire queste aree alla comunità affinché diventino luoghi di aggregazione come strumenti di sviluppo economico sostenibile, di promozione culturale e solidarietà sociale.
Il ricordo di Carlo Saronio fa parte del palinsesto di Milano è memoria, la piattaforma nata nel 2017 per dare rilievo e ricordare persone, fatti ed eventi che testimoniano la storia e l’identità della città di Milano
Carlo Saronio, ingegnere chimico e ricercatore dell’Istituto Mario Negri, è figlio di Piero Saronio industriale e proprietario di alcuni stabilimenti specializzati nella produzione di coloranti. La sua è una delle famiglie più facoltose di Milano. Abita in un palazzo signorile in corso Venezia, al civico 30. Il pomeriggio del 14 aprile 1975 Carlo esce dal portone di casa e viene aggredito, immobilizzato e caricato su un’auto: è un rapimento voluto da membri appartenenti all’autonomia operaia per estorcere denaro alla sua famiglia. Tra gli esecutori, aiutato da uomini della malavita comune, c’è anche Carlo Fioroni, l’amico che aveva conosciuto ai tempi di Potere operaio, militante della sinistra extraparlamentare. Il rapimento quella stessa sera finisce in tragedia. La dose di cloroformio usata per addormentare Carlo è eccessiva e lo uccide. I rapitori decidono di chiedere comunque il riscatto alla famiglia che ne paga una prima parte credendo che il giovane sia vivo. Ma nemmeno il suo corpo sarà mai restituito. Sarà ritrovato solo tre anni dopo nel greto di un fosso su indicazione di uno degli uomini pagati per rapirlo. Da allora Carlo riposa nella tomba di famiglia al Cimitero Monumentale.
