All’interno del progetto “Conosci il tuo quartiere”, che sto portando avanti nella mia scuola, in una di queste belle mattine di primavera, siamo usciti dalle aule scolastiche per prendere direttamente contatto con la realtà e approfondire l’origine contadina del quartiere di Niguarda, testimoniata dai resti di alcune cascine e dalle grandi ville, costruite nei secoli scorsi e divenute dimore di campagna dei “signori” di Milano: Villa Trotti, Clerici, Calderara, Mellin, Lonati e Corio.
Il nostro giro è partito dal grande murale antifascista, a pochi passi dalla sede della scuola, realizzato nel 2014 da un gruppo di giovani artisti che ben ha saputo interpretare lo spirito e gli ideali di libertà che spinsero uomini e donne a sacrificare la propria vita per combattere il fascismo. Abbiamo avuto come accompagnatori una guida d’eccezione, Angelo Longhi, Presidente della Sezione ANPI di Niguarda “Martiri Niguardesi”, e successivamente Alba Castellani, nipote di Ateo Castellani, a cui quest’anno è stata dedicata una nuova pietra d’inciampo da cui siamo passati.
A Niguarda la festa della Liberazione inizia il 24 aprile, perché i partigiani niguardesi liberarono il quartiere il giorno prima, erigendo barricate nelle principali vie di accesso, a partire proprio da via Ettore Majorana, all’ingresso del quartiere. Una lotta partigiana nata all’interno delle grandi fabbriche, che lungo tutto il Novecento hanno caratterizzato il paesaggio non solo di questo quartiere, ma anche di quelli vicini (Bovisa, Dergano o Affori) e dei comuni a nord della città come Sesto San Giovanni. Migliaia di persone lavoravano per la Pirelli, la Breda, la Falck, la Magnaghi o la Manifattura Tabacchi, per citare solo alcune delle aziende.
Conoscere i nomi, i volti, le storie di chi ha scelto di combattere per la libertà, consegna a queste mie giovani alunne un messaggio e una responsabilità storica preziosa: la resistenza italiana è stata fatta da donne valorose che, negli anni della guerra, hanno instancabilmente raccolto medicinali, soldi e vestiario da portare in montagna insieme ai renitenti che raggiungevano le bande dei partigiani, che nascondevano a loro rischio e pericolo partigiani latitanti, che curavano i feriti, che aiutavano le famiglie degli arrestati…
“Fino all’ultimo respiro” non è allora un titolo retorico con cui omaggiare una di loro, la giovane Gina Galeotti Bianchi, nome di battaglia “Lia”, caduta il 24 aprile 1945, ma racchiude in sé la storia di una delle figure più limpide della resistenza milanese, una giovane donna uccisa il primo giorno dell’insurrezione cittadina, mentre convintamente combatteva il regime fascista col proprio figlio in grembo.
