Il problema dell’integrazione degli immigrati in Italia è stato drammaticamente evidenziato negli ultimi mesi dalla situazione critica creatasi presso l’Ufficio immigrazione di via Cagni a Milano, in zona Niguarda (Municipio 9), dove nelle settimane scorse la coda per presentare richiesta di permesso di asilo ha superato anche le mille presenze in alcuni fine settimana. E questo è solo il primo passaggio obbligato per ottenere un permesso di soggiorno di sei mesi, che permette di cercare un lavoro regolare.
Il problema però non è la caserma Annarumma di via Cagni in sé, sede distaccata della Questura, bensì una legge sull’immigrazione che ha oltre vent’anni e che prevede due canali di regolarizzazione dell’ingresso in Italia: da un lato il ricongiungimento familiare e dall’altro la domanda di protezione umanitaria. Mancando efficaci meccanismi di regolarizzazione legati al permesso di lavoro, tutto il peso delle regolarizzazioni cade sul sistema di protezione umanitaria.
A questo aspetto legislativo, si aggiunge il tema delle risorse: da un lato i mediatori culturali disponibili per fare colloqui all’interno delle questure e dall’altro il personale per registrare le pratiche di domanda di protezione umanitaria.
E comunque, nonostante tutte le difficoltà, nei mesi scorsi la Questura di Milano ha fatto trenta regolarizzazioni al giorno, quasi il doppio di altre questure anche più grandi (come ad esempio Roma).
I versanti su cui lavorare, dunque, sono almeno due: l’impegno a rivedere la legge e un investimento sul personale, affinché si possano dare risposte più celeri.
Su quest’ultimo aspetto, nelle ultime settimane ha lavorato il Comune di Milano di concerto con Questura, Prefettura e Municipio 9, arrivando ad ottenere finalmente una risposta positiva dal Ministero dell’Interno: dal prossimo 5 aprile verrà attivato un sistema di prenotazioni online che eviterà ai cittadini stranieri di passare interminabili notti senza sapere se il giorno dopo verranno ammessi agli uffici. Contemporaneamente, grazie alla collaborazione di alcune associazioni del terzo settore, chi è privo di documento verrà comunque supportato nella richiesta di un appuntamento attraverso la raccolta dei dati anagrafici. Intanto il Comune, come sempre, continuerà a mettere a disposizione mediatori culturali per sostenere gli operatori della Questura nella relazione coi richiedenti asilo.
Tuttavia, non possiamo accontentarci, come giustamente afferma l’assessore Bertolè: «Questo passo avanti non deve però impedirci di vedere che il problema sta a monte: le persone che ho incontrato in via Cagni non erano arrivate il giorno prima. Si tratta per lo più di uomini e donne che sono in Italia da mesi e che non hanno altro modo che questo di segnalare la loro presenza e regolarizzare la loro posizione. Perché la verità è che non ci sono canali legali adeguati per entrare in Italia e le persone che sono già presenti nel nostro Paese sono costrette a un’invisibilità che le espone inevitabilmente all’illegalità. L’unica risposta possibile è cambiare tutto, a partire dalla legge Bossi-Fini. Perché una politica responsabile deve certamente agire sui “sintomi” risolvendo la situazione di via Cagni, ma soprattutto sulle cause di questo imbuto».
Come riportato dal Corriere della Sera, nel 2022 hanno ottenuto la protezione speciale 10.865 migranti. Un dato nettamente superiore rispetto a coloro che hanno ottenuto l’asilo politico (6.161) o la protezione sussidiaria (6.770). Per tutte e tre le tipologie, il 53% delle domande, più della metà, è stata rigettata. Nel biennio 2020-2021 questa tipologia di permesso di soggiorno è stata ottenuta più spesso dagli albanesi (36% sul totale di domande presentate), seguiti da peruviani (24%) e maliani (23%). I dati del 2022 non sono ancora disponibili.