Il 24 febbraio scorso abbiamo ricordato un anno dall’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa. Un anno fa abbiamo capito subito che la bomba non scoppiava solo in Ucraina, ma anche in Europa. A un anno dall’inizio della guerra, l’Unione Europea si trova a domandarsi quale modello di Europa sia possibile e quali siano le nuove sfide da affrontare per far riemergere una prospettiva comune.
L’Amministrazione ha colto l’occasione per raccontare alla città gli esiti dello sforzo congiunto di generosità e responsabilità realizzato nell’ambito del progetto “Milano Aiuta Ucraina”, che ha dato supporto a 2.194 rifugiati e rifugiate in meno di un anno. Numeri che ci fanno sentire giustamente orgogliosi della nostra città.
È stata sorprendente la mobilitazione per l’accoglienza messa in campo in quel frangente ed è la conferma che, quando c’è una chiara volontà politica e un consenso sociale diffuso, saltano vincoli burocratici e complessità procedurali che parevano insormontabili. La strada dunque è tracciata: abbiamo individuato buone prassi e giuste regole.
L’esperienza ucraina ha fatto emergere la multidimensionalità dei bisogni da affrontare: non ci sono solo bisogni materiali, ma anche necessità relazionali, bisogno di luoghi di sfogo e luoghi educativi e spesso la necessità di un supporto e accompagnamento per superare il trauma vissuto. Da subito si è capito che era importante coordinare le mobilitazioni spontanee e private con le azioni amministrative e istituzionali: così è stato possibile valorizzare il protagonismo e la generosità degli immigrati, e soprattutto delle immigrate, già presenti nel nostro Paese, si è riusciti a far incontrare domanda e offerta di spazi per l’accoglienza, domanda e offerta di mediatori linguistici, culturali e facilitatrici dell’integrazione.
La gestione dell’emergenza ucraina ha permesso di mettere in piedi un modello a cui riferirsi e da replicare anche per chi fugge da altre guerre, altre emergenze o tragedie umanitarie e spera nella nostra umanità.
Invece, purtroppo, constatiamo che persistono cattive discriminazioni e prassi disumane: ci sono profughi meno uguali, meno biondi, meno bianchi, provenienti da Paesi meno europei… e dunque tragicamente meno accoglibili! Ci sono eventi che chiamiamo emergenze e che non lo sono più perché occupano la scena dei TG da anni ormai! Eppure, viene ancora messa in atto un’accoglienza differenziata…
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