L’uscita e la presentazione del secondo volume “Cara adozione 2” da parte dell’associazione ItaliaAdozioni, mi ha dato modo di riflettere sull’inserimento in ambito scolastico dei bambini adottati, tappa fondamentale non solo dal punto di vista della crescita culturtale e intellettiva, ma anche e soprattutto dal punto di vista relazionale.
La presenza dei minori adottati nelle scuole italiane, dunque anche milanesi, è divenuta negli ultimi anni un fenomeno numericamente rilevante, principalmente per i bambini provenienti da adozione internazionale. Ciò pone il tema del loro inserimento nel mondo della scuola, perché molti di loro vengono adottati in età scolare o comunque prossima ai 6 anni.
Esiste una normativa per favorire il diritto allo studio degli alunni adottati che si chiama “Linee di indirizzo per il diritto allo studio degli alunni adottati”.
Nello specifico, la normativa prevede un referente di istituto a supporto dei colleghi e delle famiglie, che hanno alunni provenienti da un percorso adottivo, dunque con attenzione al mondo adulto di riferimento del bambino: «La funzione del referente d’istituto si esplica principalmente nel supporto dei colleghi che hanno alunni adottati nelle loro classi, nella sensibilizzazione del Collegio dei docenti sulle tematiche dell’adozione, nell’accoglienza dei genitori. Nello specifico, svolge le seguenti funzioni:
– informa gli insegnanti (compresi i supplenti) della eventuale presenza di alunni adottati nelle classi;
– accoglie i genitori, raccoglie da loro le informazioni essenziali all’inserimento e alla scelta della classe e li informa sulle azioni che la scuola può mettere in atto;
– collabora a monitorare l’andamento dell’inserimento e del percorso formativo dell’alunno;
– collabora a curare il passaggio di informazioni tra i diversi gradi di scuola;
– nei casi più complessi, collabora a mantenere attivi i contatti con gli operatori che seguono il minore nel post-adozione;
– mette a disposizione degli insegnanti la normativa esistente e materiali di approfondimento;
– promuove e pubblicizza iniziative di formazione;
– supporta i docenti nella realizzazione di eventuali percorsi didattici personalizzati;
– attiva momenti di riflessione e progettazione su modalità di accoglienza, approccio alla storia personale, su come parlare di adozione in classe e come affrontare le situazioni di difficoltà».
Si tratta quindi di una sorta di “scudo di protezione” per i bambini adottati e le famiglie adottive e, se ben utilizzato, è uno strumento completo e utilissimo per confrontarsi con la scuola, perché contiene tutto quanto necessario al corretto rapporto tra famiglia, alunno, scuola.
Quindi come comportarsi? Innanzitutto cercare un dialogo aperto e collaborativo con tutti gli interlocutori che in ambito scolastico non sono solamente gli insegnanti, ma anche altre figure che possono aiutare il benessere a scuola dei nostri bambini: referenti, educatori, collaboratori, dirigenti, fino se necessario gli uffici scolastici regionali.
Vero è che, malgrado la disponibilità dei genitori, può capitare che insegnanti e dirigenti non offrano alla famiglia e soprattutto ai bambini tutti quei supporti e quelle buone prassi che renderebbero la loro vita scolastica migliore. Appoggiamoci quindi alle “Linee di indirizzo”, che offrono strumenti idonei e utilizzabili per tutto il percorso scolastico dei nostri bambini e ragazzi, dal nido all’università, per evitare situazioni che poi, nella vita quotidiana, si trasformano in sofferenza e criticità per i bambini e per le famiglie. Perché queste cattive prassi non si verifichino, dobbiamo noi genitori per primi, chiedere a viva voce, e punto su punto, l’applicazione di quanto messo nero su bianco nelle “Linee di indirizzo”.
Noi tutti sappiamo che serve tempo e le giuste modalità affinché possano vivere il percorso scolastico in modo sereno, indipendentemente dalle prestazioni e dai risultati in ambito didattico; è chiaro che solamente attraverso l’eliminazione di ansie, paure e fragilità emotive è possibile dare ai bambini o ai ragazzi quel benessere che permette loro di recuperare un “equilibrio” sufficiente per elaborare il processo di apprendimento. C’è molto lavoro ancora da fare.
