Il 3 settembre del 1982, pochi mesi dopo essere stato nominato Prefetto di Palermo, il Generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa cadeva vittima della mafia insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo.
A 40 anni dall’evento, il Comune di Milano e l’Arma dei Carabinieri hanno organizzato una serie di celebrazioni istituzionali per onorarne la memoria e per ribadire l’impegno comune nella lotta contro mafia e terrorismo, a favore dello Stato e della Repubblica.
Sappiamo che la mafia persiste ancora oggi, in modo diverso, ma ugualmente pervasivo, facendo affari soprattutto in campo economico e nei diversi settori produttivi. Per combattere le mafie, sono state introdotte dal Governo specifiche disposizioni in favore delle imprese che limitano l’uso del contante e garantiscono la tracciabilità dei pagamenti ricevuti ed effettuati, ai fini di contrastare il riciclaggio dei capitali di provenienza illecita, l’evasione e l’elusione fiscale.
In questa linea va anche la proposta del Partito democratico di «un piano nazionale contro le mafie che definisca obiettivi condivisi per tutte le amministrazioni dello Stato» e l’impegno per esempio a «costruire una nuova cultura della legalità, che faccia della lotta alle mafie e alla criminalità organizzata una priorità», per esempio con la «creazione dell’Agenzia europea antiriciclaggio e lavorare affinché abbia sede in Italia» e anche con l’«adozione a livello europeo di una legislazione sulla confisca dei beni e sui delitti di associazione mafiosa, sul modello della legislazione italiana».
Invece, non è un bel segnale leggere nel programma della destra la proposta di limitare la tracciabilità dei capitali e l’idea della Lega di cancellare lo scioglimento dei comuni coinvolti con organizzazioni mafiose.
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