Ha sconvolto e seminato sgomento nell’intera città la morte della piccola Diana Pifferi, la bimba di 18 mesi di Ponte Lambro (periferia est del Municipio 4), abbandonata sola in casa dalla madre Alessia, ora in carcere con l’accusa di omicidio.
Ci siamo molto interrogati come consiglieri comunali, su che cosa si sarebbe potuto/dovuto fare e su che cosa si dovrà fare per far emergere simili zone d’ombra, più o meno nascoste all’interno di una città che non sempre riesce ad intercettare i bisogni dei più fragili: quali nuovi servizi sociali vanno messi in pista, soprattutto per chi è solo? Come riuscire ad intercettare e a monitorare i casi limiti? Quali nuove misure di sostegno alla genitorialità possiamo immaginare?
Probabilmente non bastano più i servizi proposti da consultori o pediatri, perché non sempre si arriva a bussare a queste porte: bisogna uscire e andare a scovare il bisogno, ci vogliono sentinelle attive che vadano a cercare e facciano emergere situazioni limite, come quella che ha portato alla morte della piccola Diana. Per fare questo ci vuole maggiore integrazione tra quanto messo in campo da Ats, consultori e servizi sociali.
È il momento della creatività, perché le risposte tradizionali e anche le reti di prossimità attivate, ancorché collaudate, non bastano più. Una prima proposta emersa è, per esempio, avviare una sorta di home visiting per i neogenitori e le mamme sole nei primi mesi di vita del bambino.
Nel pomeriggio del 29 luglio, nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo a San Giuliano Milanese, sono stati celebrati i funerali della piccola, a cui ha preso parte anche il sindaco Giuseppe Sala, che uscendo dalla chiesa commenta: «Più che senso di colpa, è senso di responsabilità, che chiama in causa tutti». Anche gli assistenti sociali? Lo sollecita una giornalista? «Assolutamente sì, tutti, anche se non è facile, in questi casi, leggere i segnali di pericolo. In questo momento persino per un credente come me è difficile credere nella vita eterna, ma è quello che ci vorrebbe, perché Diana non ha avuto niente dalla sua breve vita terrena».
Anche l’Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, ha inviato un messaggio per i funerali:
Noi non riusciamo a comprendere come sia potuto succedere l’abbandono di una bambina fino all’esito tragico della morte di stenti. Condividiamo lo sconcerto e l’orrore.
Noi non riusciamo a rimediare alla morte di Diana, che come tutti è entrata nella vita come si entra in una promessa di accoglienza e di amore.
Noi non riusciamo a rimuovere un vago senso di colpa perché la nostra città dovrebbe essere diversa, abitare in città dovrebbe significare far parte di una comunità e ogni solitudine dovrebbe trovare rimedio nell’attenzione reciproca e nell’operosa solidarietà.
Riconosciamo la nostra impotenza.
Perciò preghiamo. Preghiamo perché Diana abbia presso Dio quella pienezza di vita e di gioia che le è stata negata sulla terra. Preghiamo perché il dramma incomprensibile risvegli a compassione e a sapienza la mamma Alessia. Preghiamo perché lo Spirito di Dio ci aiuti a essere protagonisti di una storia di fraternità.
Monsignor Mario Delpini
Arcivescovo di Milano