Finalmente sono riuscita a discutere il mio documento di sostegno alla riforma della cittadinanza con l’introduzione di segni concreti per darne evidenza e attuazione a partire dalla nostra città: il Consiglio comunale di Milano dice sì al riconoscimento della cittadinanza come incontestabile diritto.
Di questo infatti si tratta: dei diritti di milioni di giovani che – figli di genitori stranieri – non hanno vissuto direttamente l’esperienza migratoria, perché sono venuti in Italia fin da piccoli o addirittura sono nati qui, dunque questo è l’unico contesto culturale nel quale sono cresciuti.
La stagione della storia è matura per dire che cittadinanza e territorio non coincidono più, nel momento in cui persone straniere si stabiliscono sul territorio nazionale, rompendone visibilmente l’omogeneità. I flussi di immigrazione hanno imposto un nuovo paradigma ed è ora che la politica ne prenda atto.
La realtà, infatti, ci mostra che i luoghi di lavoro e formazione, lo sport, gli spazi di socialità, le organizzazioni solidali e sindacali vedono una partecipazione strutturale e qualificante di persone che, a vario titolo, hanno un background migratorio. In particolare la scuola è la realtà più rappresentativa del cambio di paradigma: il 10,3% degli studenti delle nostre scuole è di nazionalità non italiana, con il 6,8% di stranieri nati in Italia.
In una città multietnica e internazionale, come Milano, è importante dare un messaggio di coesione sociale, di partecipazione, di cittadinanza attiva, di prospettiva a tanti stranieri con l’intento di coinvolgerli in modo attivo nella vita democratica. Il cardinal Martini diceva che «chi è orfano della casa dei diritti non può abitare in quella dei doveri».
Serve ora coraggio politico per restituire dignità e identità a quei giovani che la mattina sono già diventati italiani perché a scuola vivono una normalità fatta di condivisione, inclusione, crescita umana e solidale, ma formalmente non appartengono a nessuna comunità.
È tempo di convincerci che cittadini non si nasce ma si diventa, a partire da storie, esperienze, stili di vita sempre più diversificati, prendendo parte a un progetto comune di convivenza civile, creando legami generativi di riconoscimento.
Il video del mio intervento in aula.
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