Come sapete, ho dedicato molte energie e molto tempo a questa vicenda (vedi gli articoli: Una firma contro il degrado, Case e ospedali di comunità e i video: Trasformiamo lo stabile di via Mangiagalli in Casa di Comunità e Spazi abbandonati e nuove Case di Comunità), nella speranza di poter “recuperare” un bene comune – fino a poco tempo fa di proprietà pubblica, originariamente di Regione Lombardia – a fini nobili, in particolare auspicando che potesse rinascere come nuovo spazio dedicato ad attività sociosanitarie, riscattando così la storia di un edificio progettato e costruito per accogliere incarichi di cura e prevenzione della salute.
Purtroppo, oggi sono a raccontare che la storia ha avuto un epilogo diverso. Lo stabile, messo in vendita da Cassa Depositi e Prestiti, è stato venduto a fine 2021 a un gruppo di investitori che trasformerà i suoi quasi 8.000 metri quadrati in appartamenti a uso abitazione o uffici, non più destinati al bene comune, bensì agli interessi di un investitore privato.
Sono molto delusa e amareggiata da questa prospettiva.
Auspicavo, insieme a tanti militanti, politici e semplici concittadini della zona, che lo stabile venisse dichiarato di pubblico interesse e, considerando il coinvolgimento della cittadinanza, se ne bloccasse con urgenza l’iter di vendita.
Duole constatare che pochi ci hanno creduto con noi e che nessuno ha agito affinché le cose andassero diversamente.
A monte dell’epilogo di quersta storia, però, ci si deve doverosamente porre alcune domande: perché è stato ceduto un bene pubblico a Cassa Depositi e Prestiti? Perché non è stato dichiarato tempestivamente il “pubblico interesse” per lo stabile? Perché l’allarme dei cittadini non è stato accolto come allarme sociale?
Non sarebbe stato razionale e giusto che questo spazio pubblico continuasse ad essere utilizzato per l’attività sanitaria, invece che essere reso solo un’anonima voce di bilancio ed oggetto di un’operazione finanziaria a beneficio del privato di turno?
Come possiamo accettare che nel momento in cui oggi il PNRR (e quindi anche il Ministero dell’Economia e Finanza) destina risorse, peraltro insufficienti, alla urgente e necessaria riorganizzazione della sanità territoriale, lo stesso Ministero validi un’operazione di dismissione di un bene del patrimonio pubblico sanitario di Milano?
Come è possibile che non si tenga conto di quanto fortemente raccomandato dal PNRR stesso di intervenire sul patrimonio pubblico dismesso, così da realizzare gli spazi necessari con minor spesa e con il risparmio del consumo di suolo?
Perché comportamenti così disorganici da parte degli stessi Organi di Governo?
Perché, anche in ragione delle scarse risorse finanziarie a disposizione, non è stata intrapresa una organica iniziativa di valorizzazione delle risorse strutturali pubbliche esistenti con finalità di perseguimento della salute e del bene comune?
Dobbiamo avere il coraggio di confrontarci con questi interrgativi, perché la triste vicenda di un bene pubblico finito nelle mani di privati non può lasciarci indifferenti e impassibili.
Cercherò, con chi mi vuole aiutare, una risposta a queste domande.
Intanto constato che resta irrisolto il problema di trovare adeguati spazi da destinare a Casa di Comunità per il Municipio 3: da un lato la tempistica del trasferimento degli Istituti Besta e Tumori desta molta preoccupazione, unita alla conseguente perdita di offerta sanitaria; dall’altro, relativamente al progetto di via Ricordi/Canzio e Pecchio l’offerta è frammentata su più poli e quindi viene meno la corrispondenza del progetto alle caratteristiche proprie delle Case di Comunità, non offrendo un servizio unitario e razionale per il territorio.
Che sviluppi ci saranno? Quale altra sede si proporrà al territorio per integrare i servizi sociosanitari previsti? Questa sarà un’altra storia che spero presto di potere raccontare.