Finalmente il Teatro Dal Verme è tornato il palcoscenico della cerimonia di consegna delle Benemerenze Civiche 2021. Per me è stata una grande emozione sedere al tavolo della Presidenza del Consiglio comunale e avere un osservatorio privilegiato in questa festa di tutta la Città e dei suoi più significativi esponenti.
Tra le persone premiate col prestigioso riconoscimento dell’Ambrogino d’oro, mi ha particolarmente emozionato la consegna a:
– il giovane diplomatico Tommaso Claudi, che ha salvato numerose vite nei giorni piu drammatici dell’estate di Kabul;
– la professoressa Cristina Cattaneo, che ha messo la sua professionalità a servizio degli ultimi per tutelare il diritto all’identità soprattutto delle vittime senza nome del Mediterraneo;
– la dottoressa Valentina Massa per l’impegno di ricerca che, durante la pandemia, ha permesso di sviluppare un test non invasivo per la diagnosi del Covid nei bambini;
– i ragazzi di Pizzaut, la pizzeria gestita da giovani autistici affiancati da professionisti della ristorazione e sella riabilitazione;
– il Comitato 8 ottobre 2001 che, dopo la strage aerea di Linate, ha lavorato per assicurare nuovi protocolli di sicurezza aeroportuale;
– Inter Campus che col gioco del calcio fa progetti per educare e proteggere bambini e bambine in tutto il mondo.
Tutte figure che presentiamo alla città come modelli di solidarietà, capacità innovativa, impegno e valore civico, proposta progettuale, capacità di soluzioni innovative, affinché Milano possa essere «piattaforma in cui si cercano di sperimentare modi di vita che interpretano il futuro e permettono di vivere il presente».
IL DISCORSO DEL SINDACO GIUSEPPE SALA
Care e cari milanesi,
oggi è un giorno particolare della nostra città. Anzi, è il suo giorno.
Celebrare Sant’Ambrogio, infatti, non è solo un giorno di festa per ricordare una figura fondamentale nella storia della città, ma anche l’occasione per Milano di confrontarsi con la propria identità più profonda, che trova da sempre nel lavoro e nella solidarietà i suoi valori fondanti. Ed è questo il significato più vero dei riconoscimenti che tra poco consegnerò. Tutti voi insigniti, grazie alla vostra attività e alla vostra presenza, date modo a Milano di riconoscersi e di attualizzare i suoi valori e la sua identità. Voi siete la punta più avanzata ed evidente di una Milano che sa continuamente cambiare se stessa rimanendo fedele ai suoi princìpi.
Forse però non è più semplicemente questione di Milano. Siamo entrati in una fase in cui una città conta se, e solo se, è in relazione al mondo. L’ambiente e la pandemia ce lo dicono chiaro. E’ per questo che gli esempi che Milano celebra non sono soltanto milanesi: sono esempi di vita da offrire a chiunque veda in questo modo di vivere una chiave per il futuro – cioè veda prospettive, progetti, soluzioni. Valori. In una parola: progresso.
Tradotto ancora: la bellezza e la difficoltà del vivere insieme. Uno dei sindaci milanesi da cui cerco di prendere esempio, Carlo Tognoli, lo disse con queste parole: “Senza un popolo responsabile capace di rinnovare la propria identità anche le città decadono e il loro governo rischia di rinchiudersi in un continuo ricercare regole da imporre”. E’ per questo che invito chiunque a guardare a Milano e da Milano. Non tanto come modello, che è una parola un po’ saccente, ma proprio come piattaforma in cui si cercano di sperimentare modi di vita che interpretano il futuro e permettono di vivere il presente.
Quanta voglia abbiamo di vivere al meglio il presente? Le parole di Sant’Ambrogio ci aiutano a capire. Dice il nostro santo patrono: “Voi pensate: i tempi sono cattivi, i tempi sono pesanti, i tempi sono difficili. Vivete bene e muterete i tempi”.
E’ capitata questa pandemia. Diciamocelo: è cambiata la storia. La storia della città, la storia di tutto il pianeta. Abbiamo sbandato e poi abbiamo risposto all’emergenza. La scienza ci ha dato una mano decisiva, con i vaccini. Oggi possiamo dire che la nostra città si sta rialzando e non c’è dubbio che guardiamo al futuro con maggior fiducia di un anno fa. Il Covid però non è scomparso. Muta, cambia la sua pericolosità e la sua ferocia, ed è ancora lì a rabbuiare la nostra vita.
Secondo me c’è una grande lezione che dobbiamo trarre dall’esperienza che stiamo vivendo. Io credo che questa vicenda faccia giustizia della nostra pretesa di avere un mondo in cui semplicemente ciò che non va, ciò che ci disturba, ciò che non risponde ai nostri schemi e alle nostre previsioni, semplicemente non deve e non può esistere.
Non è così.
“Vivete bene e muterete i tempi” dice sant’Ambrogio. Dobbiamo vivere bene, anzitutto. Altrimenti i tempi non mutano. Noi abbiamo prima di tutto il dovere di adeguarci a una vita la più sicura possibile. Lo dobbiamo a noi stessi e agli altri. Nella consapevolezza che questa che viviamo è una vita piena: non è una vita diminuita dal virus, è una vita che merita di essere vissuta tutta.
Più che mai sappiamo che non c’è presente senza cura, una parola alla quale per molto tempo non abbiamo dato il valore che merita e che oggi si esprime in tre significati principali.
Il primo, ovviamente, è la cura sanitaria, la strada che ci porta a proteggere la nostra salute. La nostra capacità di curarci non è mai stata così all’attenzione di tutti come in questi mesi.
Ne sono prova il rispetto delle regole, che fin dal primo lockdown ho riconosciuto nei comportamenti dei milanesi, e il successo della campagna di vaccinazione (il 92% dei milanesi sono vaccinati).
E questo ci porta a un secondo e fondamentale significato della parola “cura”.
Il Covid ha sempre causato, oltre a una pandemia sanitaria di enorme dimensione per decessi e malati, una sofferenza economica e sociale di proporzioni sconosciute. Certo, molte delle previsioni più fosche e paurose sono state smentite dai fatti anche e soprattutto per un intervento dell’Unione Europea di straordinaria forza. Ma se è vero che il sistema economico e finanziario italiano nel suo insieme ha retto, non si può dire lo stesso per tutti coloro che sono nelle situazioni di maggiore debolezza, in particolare giovani e donne, finora esclusi dai benefici della ripartenza.
Milano anche nel 2021 ha dedicato le sue energie alla conciliazione di diritti e salute, al fine di prendersi cura di ogni persona colpita dalla crisi in ambito socioeconomico, perché, al pari del diffondersi della malattia, anche le difficoltà di chi è più debole faticano a diminuire. Le file davanti alle mense e ai luoghi di carità sono un continuo memento rispetto al quale non possiamo e non vogliamo volgere la testa dall’altra parte. E Milano è tale perché si assume sempre la responsabilità di chi ha e può meno attuando quell’equità che supera le discriminazioni di genere, etniche, religiose.
E veniamo al terzo significato della parola “cura” che si rivolge direttamente alla nostra città. La cura dei nostri quartieri.
Vediamo svilupparsi organizzazioni e infrastrutture che possono cambiare la vita delle persone, portando per il mondo innovazione e applicazioni straordinarie. E queste innovazioni sono bellissime, soprattutto però quando le si guarda dall’alto e sulla base dei grandi sistemi. È però ancora da capire se si tratta di vantaggi reali per le persone e le loro vite o se sistemi dalle enormi potenzialità finiranno per infrangersi nell’incapacità di raggiungere i cittadini nelle loro case e, dunque, nelle loro vite.
Noi crediamo che il futuro di Milano passi attraverso lo sviluppo della città a 15 minuti, una metropoli di quartieri capace di offrire in tutti i suoi angoli una qualità di vita, di attenzione e di cultura che renda migliore l’esistenza di tutti.
Milano ha già molto in termini di servizi alla persona ed è ammirata e un po’ invidiata per tutto questo.
Ma non basta ancora.
Ci sarà sempre una strada meno sicura, un’aiuola mal tenuta, una scuola senza il necessario. Non è un caso che le milanesi e i milanesi stiano da sempre rispondendo con generosità alle richieste d’aiuto che giungono proprio della realtà dei loro quartieri.
Io non invoco certo qui una supplenza dei cittadini alle insufficienze delle istituzioni. Ci mancherebbe. Dico però che se vogliamo vedere realizzato a Milano il sogno di una città capace di dare la stessa dignità a tutti i suoi quartieri dobbiamo far convergere meglio e in modo più compiuto gli sforzi dei singoli con quelli della comunità.
Si tratta di dare organizzazione e soprattutto riconoscimento all’impegno dei tantissimi e delle tantissime e che già oggi si occupano della città e che lo potrebbero fare ancora più fruttuosamente.
Sarà dunque sulla base della cura della salute, dei più deboli e della qualità di vita dei nostri quartieri che noi potremo gestire questi tempi difficili, complessi e incerti, costruendo insieme un nuovo futuro.
Deve prevalere un ottimismo della ragione che non nega nulla, ma è capace di rinunce parziali per un bene comune più grande e generale.
È con questo ottimismo della ragione che accoglieremo il Governo quando il prossimo 13 dicembre verrà a Milano per presentare alla città e alle sue istituzioni le prospettive del PNRR per la nostra comunità.
Negli anni scorsi, grazie alla spinta verso la sostenibilità e all’internazionalizzazione di EXPO, Milano ha anticipato le transizioni ecologiche e digitali sulle quali si concentra il PNRR, ha manifestato la sua profonda volontà di costruire le basi per una società più giusta.
Ora arriviamo più preparati a questa sfida di rigenerazione locale e nazionale lanciata dall’UE di Von der Leyen e dal Governo Draghi.
I fondi del PNRR sono certamente uno strumento fondamentale della trasformazione della città, ma sono le virtù dimostrate dalla comunità ambrosiana durante questa pandemia la condizione essenziale per la nascita di una nuova Milano.
E su questa strada sapremo essere più forti non solo del Covid ma anche di qualsiasi tentazione di guardare indietro piuttosto che puntare al presente e al futuro di Milano.
Grazie.