Con la riforma del processo civile, approvato in via definitiva dal Senato, è stato istituito il Tribunale per le persone e la famiglia, che definisce un rito unitario a cui competono tutte le materie afferenti l’ambito familiare, con l’implementazione della mediazione familiare (curatore speciale per la tutela dei minori). Nelle intenzioni, il Tribunale della famiglia vorrebbe trasformare gli attuali tribunali per minori e punterebbe ad ovviare alla frammentazione dei processi in materia di famiglia. Ma questa impostazione solleva molte critiche da parte dei magistrati minorili.
È positivo il fatto che si punti ad una semplificazione dei riti e dei costi e che si prevedano più tutele per le vittime di violenza domestica (donne e minori), con l’ordine di protezione per allontanare il convivente violento, strumenti di raccordo tra giustizia penale e civile e l’accompagnamento dei servizi sociali negli incontri tra genitori e figli.

Ma in occasione del convegno a cui ho partecipato “La tutela dei minori a Milano: una prospettiva di sistema” sono state condivise molte perplessità: c’è il rischio di decisioni non adeguatemente ponderate, del depauperamento dell’appotto dei giudici onorari e conseguentemente della mancata specializzazione da parte del giudice.
È condiviso il giudizio che il sistema milanese sia collaborativo e che abbia dimostrato capacità di adattamento al contesto e alle necessità. La città di Milano, in particolare, è in grado di superare il contesto ostile e di supplire a croniche mancanze del sistema con risorse proprie.
Ma l’impegno a garantire sempre il superiore interesse del minore spesso è un principio più declamato che non inverato nella realtà quotidiana. Un Paese che non garantisce la tutela dei suoi giovani non garantisce il futuro o meglio va verso un futuro distopico (Giuseppe Ondei, Tribunale di Brescia).
In particolare, la dott.ssa Maria Carla Gatto, Presidente del Tribunale minorile di Milano, ha sottolineato come l’attività volta verso i minorenni è stata caratterizzata finora dal lavoro in rete tra diversi attori, tra cui per esempio servizi territoriali specialistici e scuola, che ha funzione di monitoraggio, controllo e sostegno dei minori. Con la nuova riforma, però, questa collaborazione sarà più difficile perché verrà a mancare una visione multidiciplinare dell’organo giudicante. Mentre serve sinergia di lavoro: la separatezza dei procedimenti è un problema grave, perché bisogna tenere insiene l’atto (anche) penale e la disfunzione che va compresa in rete. L’intreccio infatti è complesso.
La critica più forte che si è levata riguarda il fatto che la legge è stata scritta dal punto di vista del mondo adulto e non dei bambini: al centro c’è l’attenzione agli adulti e non la tutela dei minori. E ciò porterà a passare da un trinunale PER i minori a un tribunale DEI minori, perché i diritti del bambini sono considerati insieme ai diritti della famiglia, mentre devono essere affrontati come diritti dei bambini.
Drastica e impietosa è la sintesi di una magistrata siciliana che definisce la riforma “uno specchio rotto”, che produce immagini frammentate su pezzetti di vetro che possono solo ferire. Nell’ambito giudiziario c’è dunque attesa per i decreti attuativi che si spera riescano a superare i limiti condivisi.
