Presentata in commissione Educazione e Pari opportunità un’indagine sulle abitudini e gli stili di vita degli adolescenti, che mette a nudo le fatiche emerse nel corso della pandemia.
Lo studio – effettuato su studenti milanesi frequentanti la terza media e i cinque anni di scuola superiore (licei e istituti tecnici e professionali) – ha indagato da un lato, sul piano personale, sentimenti di paura e/o preoccupazione, stato di salute, problemi economici, limitazioni della libertà e dall’altro, sul piano scolastico, le difficoltà emerse con la dad, la mancanza di relazioni tra pari, la lontananza della figura dei docenti, fino alle difficoltà tecniche incontrate. Ma sono anche emersi elementi positivi, quali l’ottimizzazione di tempo prima dedicato agli spostamenti casa-scuola, la cresciuta autonomia nella gestione dello studio, la maggiore responsabilizzazione nello studio, un modo diverso e forse più moderno di apprendere.
Tre le criticità evidenziate dalla ricerca:
– l’alimentazione: la trascuratezza nell’assunzione di cibo, che è avvenuta spesso in modo sregolato e fuoripasto;
– il sonno: difficoltà ad addormentarsi, risveglio notturno, abitudine ad andare a letto tardi; confusione tra i tempi del giorno e notte;
– lo sport: diminuzione dell’attività sportiva con conseguente impigrimento.
Il tema che più preoccupa è lo “tsunami social”, ovvero l’uso quasi incontrollato dei dispositivi elettronici che si impongono nella vita dei giovani sempre più presto: prima di 11 anni si cominciano ad usare social e smartphone e per il 76,5% delle femmine e il 70,8% dei maschi lo smartphone resta acceso anche di notte! Conseguenza preoccupante di questa evoluzione è quella che è stata definita la Covid-solitudine: la rinuncia all’incontro reale con gli amici. E c’è almeno un 10% di ragazzi che giudica la ridotta possibilità di avere relazioni sociali come un punto di forza, il che fa preoccupare.
La ricerca conferma che le ragazze raggiungono una maturazione fisica e psicologica prima dei coetanei maschi e, nel complesso, appaiono più disponibili a mettersi in gioco: per esempio ambiscono a trascorrere un periodo di studio all’estero, sono attratte dalla possibilità di vivere nuove esperienze e conoscere persone nuove; hanno maggiore apertura verso i problemi sociali, sono più disponibili a fare esperienze di volontariato; hanno modalità di comunicazione diverse, si scelgono canali comunicativi che sentono più affini; sono in generale più affermative, più consapevoli, più responsabili e attente alla loro salute. Ma a tutto questo fa riscontro una maggiore insicurezza sul piano identitario, dal punto di vista fisico (al 36% delle ragazze non piace il proprio aspetto fisico) e a livello psicologico (l’83,7% fatica ad addormentarsi). In conclusione, le ragazze sono sì disposte a mettersi maggiormente in gioco, ma questo è causa di forti stress. Inoltre, sul piano relazionale, emerge che i conflitti familiari riguardano per lo più i rapporti genitori-figlie.
Le politiche a favore dei giovani dovrebbero saper distinguere tra le diverse sensibilità del mondo femminile e maschile, quando invece per lo più sono proposte omogenee che si rivolgono a tutti i giovani indifferentemente. Per esempio, sarebbe utile introdurre nelle scuole il concetto di prevenzione, oppure lavorare con la Consulta dei ragazzi per trovare insieme risposte educative efficaci.
Infine, fa riflettere il fatto che, anche nel mondo degli adolescenti, il Covid ha aggravato le disuguaglianze e ha fatto emergere due modelli comportamentali distinti: per un primo gruppo il Covid è stato un’esperienza faticosa e difficile nella quale i giovani sono stati aiutati a crescere, a maturare, ad assumersi responsabilità; in un secondo gruppo, invece, ha prevalso sconforto, malessere, passività, reazione empatica, il che ha segnalato per questi giovani un arretramento delle competenze già acquisite in passato o da acquisire in futuro. Non è difficile supporre che i primi provengano da famiglie con un bagaglio culturale elevato, con spazi e strumenti che hanno permesso di sostenere i figli e valorizzare la dad; gli altri provengono da famiglie più fragili, che avevano esse stesse difficoltà ad affrontare l’eccezionalità pandemica. E questo potrebbe avere effetti non positivi sulla transizione verso il mondo adulto. È dunque necessario che le amministrazioni pubbliche facciano convergere i loro sforzi soprattutto su quella parte giovanile che ha maggiormente sofferto e ha misurato una minore capacità di resilienza.
A conclusione di questa analisi, dunque, emerge in modo chiaro l’importanza di creare le condizioni affinché gli adolescenti si possano “rimettere in moto” e permettere loro di vivere una socialità “vera”, proattiva tipica della stagione di vita che stanno vivendo. A questo proposito, è urgente pensare alla ripartenza della scuola dopo la pausa estiva, pianificando e garantendo fin d’ora le necessarie misure di sicurezza, attrezzandosi in modo adeguato per evitare la diffusione di nuove pericolose varianti, visto che al momento non è possibile effettuare il vaccino sotto la soglia dei 12 anni. Penso innanzitutto all’estenzione dell’obbligo vaccinale per tutti gli insgenanti, al fine di preservare il diritto alla salute della collettività.
Il Pd in Regione Lombardia denuncia che «lo scorso anno in Lombardia la riapertura delle scuole ha evidenziato moltissime criticità di competenza regionale, tra le quali, in particolare, il potenziamento del trasporto pubblico, la mancata attivazione di screening e tracciamento diffusi e costanti, i ritardi nella fornitura, nelle scuole professionali, di dispositivi di sicurezza e la mancanza di rimborsi adeguati per la sanificazione degli ambienti e la sostituzione degli impianti di areazione – ricorda Bocci –. Poiché abbiamo imparato a conoscere l’emergenza, sarebbe ingiustificato farsi trovare impreparati. Non è possibile, inoltre, pensare che la Dad sia la soluzione, se non in casi estremi». E ancora accusa che a due mesi dalla riapertura degli istituti «non si è a conoscenza della pianificazione dei tempi, delle modalità e delle scuole in cui si procederà alla somministrazione dei test salivari, dando, tra l’altro, seguito alla mozione approvata dall’Aula il 4 maggio, in cui si impegnava la Giunta ad attivarsi nei tracciamenti e negli screening mediante tampone salivare molecolare alla popolazione scolastica».