Ho partecipato come rappresentante del Comune di Milano ai lavori introduttivi della 7ª edizione dell’International Conference on Adoption Research 2021 (ICAR7), evento internazionale organizzato dal Centro di Ateneo Studi e ricerche sulla famiglia dell’Università Cattolica di Milano, presieduto dalla prof.ssa Rosa Rosanti, psicologa dell’adozione dell’Università Cattolica, e introdotto dai saluti del rettore Franco Anelli.
Al convegno è intervenuta Elena Bonetti, ministra per le Pari opportunità e la famiglia e presidente della Commissione per le adozioni internazionali (Cai), che ha messo in risalto le azioni del Governo a sostegno della genitorialità in generale, scelta avvalorata dal “Family Act” e in particolare dall’assegno unico universale che coinvolge anche le famiglie adottive: «L’assegno unico universale è rivolto a tutte le bambine e i bambini – quindi anche ai bambini che sono adottati nell’ambito delle adozioni internazionali –. Servono poi azioni specifiche che vadano nell’ottica di un aumento significativo delle risorse che destiniamo come rimborso alle famiglie: in due anni abbiamo pressoché raddoppiato le risorse destinate fino ad arrivare a 9mila euro di contributi». Sul piano delle adozioni internazionali, nel corso della pandemia si sono registrate molte difficoltà «in particolare per quanto riguarda ovviamente il tema della salute e del rapporto tra gli Stati. Tuttavia, abbiamo accompagnato le famiglie caso per caso, facilitandone il percorso di rientro e seguendo le bambine e i bambini insieme agli enti autorizzati».
L’intervento della presidente del Tribunale per i minorenni di Milano, Maria Carla Gatto, ha registrato una tendenza costantemente in calo rispetto all’adozione. Se il numero dei bambini dichiarati adottabili ogni anno è costante (a Milano sono circa 80 minori ogni anno), d’altra parte diminuisce invece la disponibilità all’adozione nazionale: in due anni si è registrato un calo del 21%. I dati sono ancora più preoccupanti perché, «a parte l’ultimo triennio, se consideriamo gli ultimi vent’anni dobbiamo constatare che le richieste sono diminuite del 58%. Possiamo attribuire questo calo al peggioramento delle condizioni economiche e sociali, all’aumento delle tecniche di fecondazione assistita e al fenomeno del crollo delle nascite (solo 400.000 nell’ultimo anno)». Questo testimonia una fatica da parte delle famiglie ad aprirsi alla genitorialità su tutti i fronti, come già ampiamente rilevato negli ultimi anni.

Da parte mia, ho presentato l’esperienza dell’affido familiare, percorso a cui il Comune di Milano ha aderito fin dalla Legge 184/1983 con l’istituzione di un’area dedicata, che mette a disposizione degli operatori strumenti tecnico/metodologici/organizzativi dedicati, per seguire le diverse fasi di intervento socio-educativo, volendo garantire una omogeneità di trattamento per tutta l’utenza in carico. L’attenzione posta agli operatori del settore garantisce da una parte il necessario supporto professionale alle attività, spesso delicate e di forte impatto emotivo, e dall’altra la necessaria obiettività e congruità sugli interventi da attuare.
Le famiglie che si rendono disponibili all’affido partecipano ad un percorso di informazione e approfondimento. Il Coordinamento Affidi organizza un incontro informativo di gruppo, cui seguono due incontri formativi e un percorso di conoscenza individuale, che prevede alcuni colloqui e una visita domiciliare.
Questo percorso, improntato ad un “dialogo riflessivo”, permette di declinare in modo concreto e fattibile la disponibilità, i limiti e le esigenze della famiglia che si propone per un affido, in relazione alle situazioni dei bambini e delle loro famiglie. Per ogni progetto di affido familiare i Servizi Sociali Professionali Territoriali sottoscrivono, con le due famiglie, affidataria e naturale, un Patto di affido all’interno del quale viene declinato il progetto di intervento. È importante sottolineare che, per ogni intervento relativo alla protezione dei minorenni, i Servizi Sociali collaborano con tutti i servizi specialistici e sociosanitari delle ASST della Città di Milano. Perciò le famiglie affidatarie sono costantemente monitorate dal servizio sociale di riferimento del minore sul territorio e al tempo stesso dal servizio affidi centrale, che organizza anche a Gruppi mensili di confronto tra affidatari.
Gli ultimi dati disponibili, relativi all’anno 2020 in tema di affido, riportano che all’interno della popolazione milanese tra 0 e 20 anni, il 4.32% dei minori (corrispondente a 10.616 bambini o ragazzi) è rientrato in un programma di supporto educativo o pedagogico di affido. Ciò ha coinvolto circa 260 famiglie della città di Milano, con un andamento stabile rispetto all’anno precedente. Gli altri minori sono stati seguiti da centri educativi diurni, progetti educativi domiciliari o da comunità di accoglienza.
Il percorso dell’affido, come quello dell’adozione, mette al centro la necessità di prendersi cura del minore sul piano educativo e materiale. Sappiamo bene che non esiste una formula per risolvere i problemi familiari. Tuttavia, la pandemia ci ha insegnato che sono di vitale importanza le alleanze e le relazioni: la famiglia è quella più ricca e fertile. Perché dunque fare un affido? Un affido, ogni affido, è una scelta intima e personale, frutto di un percorso che appartiene solo a se stessi e che, in quanto tale, non ha etichette, non ha definizioni assolute. Ma ogni famiglia adottiva questa esperienza è una grande avventura che fa crescere. Esattamente come l’adozione.
Infine, va segnalato che l’Università Cattolica sta lavorando ad una ricerca internazionale sugli adolescenti in adozione per approfondire il senso di appartenenza familiare, l’adattamento e il benessere dei ragazzi adottati, compresa la loro capacità di fare progetti per il futuro e valutare se e quanto percepiscono la discriminazione e/o il bullismo da parte dei pari.
