La vicenda drammatica del giovane Seid, suicidatosi a vent’anni, mi scuote in quanto mamma adottiva di un figlio non nato in Italia, mi interpella come insegnante che quotidianamente chiama ragazzi dai nomi e cognomi esotici, mi sollecita nel mio ruolo pubblico e politico circa cosa sia giusto e urgente fare.
La fatica di vivere davanti a occhi che guardano i piccoli d’uomo venuti da lontano dapprincipio con curiosità e benevolenza, e poi via via con sempre maggior sospetto, cattiveria e rancore – resi ancora più duri, forse, dalle paure e dalle necessità prodotte dalla pandemia –. Infine, la scelta di morire nel Paese che l’aveva rigenerato alla vita, che gli aveva donato una famiglia, una casa, una scuola, ma che poi gli è diventato estraneo per via della «paura per l’odio che vedevo negli occhi della gente verso gli immigrati, la paura per il disprezzo che sentivo nella bocca della gente».
A me non interessa fare ulteriori riflessioni sociologiche, di cui non sono all’altezza, bensì interrogarmi sui passi che la politica deve fare per dare casa e futuro a giovani come Seid, per seminare parole di accoglienza, lavorare su progetti di inclusione, dare cittadinanza a giovani che ancora non sono italiani. Credo che la mia proposta di Istituzione della cittadinanza civica per le ragazze e i ragazzi, le giovani e i giovani nati e/o cresciuti su suolo italiano da genitori con cittadinanza extraeuropea e residenti a Milano possa essere un buon primo passo. Andiamo avanti!

La mia proposta per smuovere l’iter parlamentare del riconoscimento dei diritti di cittadinanza per giovani nati e/o cresciuti in Italia