Sono convinta che serva una legge che tuteli l’omotransfobia e che allarghi le tutele previste dalla vigente legge Mancino (1993) – che a sua volta contrasta razzismo e antisemitismo –, in coerenza con la Costituzione e le Risoluzioni europee.
Tuttavia, il disegno di legge Zan, che parte da buone e giuste premesse, va oltre queste tutele. Da parte mia, ho firmato un appello affinché il testo venga emendato, insieme ad oltre 400 donne e uomini che fanno riferimento all’area politica di centro sinistra, ispirati a valori di estrazione democratica e progressista, provenienti da esperienze sociali e culturali differenti, sempre schierati in battaglie contro ogni discriminazione. Perciò voglio tornare sul tema dell’approvazione del disegno di Legge Zan, dopo aver già manifestato le mie perplessità prima dell’approvazione alla Camera, nel settembre 2020 (cfr. Un necessario dissenso).
Mi lasciano perplessa i seguenti punti:
1. Identità di genere, ovvero l’idea che uno si possa “autodeterminare” uomo o donna in modo soggettivo. Indipendentemente dal dato biologico e anche senza aver fatto un percorso di transizione, uno potrebbe dire di “sentirsi” donna o uomo (“identificazione percepita”) e dunque chiedere diritti specifici previsti per quella categoria. Ciò crea una confusione antropologica che apre la strada a nuovi incerti sviluppi.
2. Libertà di opinione: punto controverso, già modificato alla Camera, che tuttavia non tutela pienamente la libertà di espressione, poiché «la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, sono fatte salve […] purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori». Ciò lascia ampio spazio all’interpretazione e alla discrezionalità del giudice.
3. La “Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia”, da festeggiare il 17 maggio, in cui organizzare anche nelle scuole incontri che promuovono una visione plurale dei modelli educativi: mi preoccupa che possano entrare nelle scuole modelli educativi a prescindere dal parere dei genitori e delle famiglie.
Nelle settimane scorse, c’è stato un confronto fra la segreteria nazionale del Pd e alcuni rappresentanti firmatari dell’appello, segno che (forse, finalmente) c’è disponibilità all’ascolto per comprendere le ragioni delle perplessità espresse. Con questa speranza, sono stati anche presentati una serie di emendamenti proposti.
Alle decisioni politiche importanti si arriva dopo un lungo dialogo, un sincero confronto, un’attenzione a tutti gli elementi in gioco. Soprattutto quando è in gioco una legge che ha a cuore il riconoscimento delle differenze. Soprattutto in un partito che si definisce plurale e democratico.