Negli ultimi mesi contrassegnati dalla pandemia, si è registrato un drammatico aumento dei femminicidi. Ancor più tragico è il fatto che durante il lockdown il 100% delle donne vittime di omicidio ha perso la vita in ambito familiare. Per questo, in occasione della Giornata internazionale delle donne è stato organizzato in streaming il convegno “Milano per le donne”, in cui è stato esposto quanto è stato fatto e quanto ancora è da fare, a Milano, in Italia e in Europa.
Il primo passo è stato il “Patto dei comuni contro la violenza e per la parità di genere”, nato su impulso di Milano e sviluppato grazie al confronto con tutte le città metropolitane italiane, che ha portato successivamente alla costituzione dei centri Milano donna nei singoli quartieri, preferibilmente in periferia. Insieme, i vari Centri costituiscono una rete capillare diffusa su tutta la città, che si propone di dare una risposta alle molteplici esigenze legate alla salute, alla vita familiare, alla ricerca di un lavoro, alla crescita dei figli, all’assistenza di una persona anziana o con disabilità. Non solo: qui si fa anche aggregazione, qui le donne trovano anche un punto di riferimento contro la solitudine e l’isolamento in cui spesso si trovano a vivere.
Il primo centro Milano donna ha aperto a maggio 2018 al Gallaratese, in via degli Appennini (Municipio 8), seguìto, a fine novembre dello stesso anno, dallo spazio di viale Faenza, alla Barona (Municipio 9). Nel novembre del 2019 è stato inaugurato il centro in via Sant’Uguzzone (Municipio 2) e a luglio 2020 quello in via Narni, nel cuore del quartiere Crescenzago-Rizzoli (Municipio 3). A febbraio scorso ha aperto lo spazio di via Savoia (Municipio 5), mentre sono in fase assegnazione altri due centri e per l’ultimo sono appena partiti i lavori di ristrutturazione.
In questi anni si sono rivolti alle strutture oltre 660 donne. Cittadine che hanno trovato sostegno presso gli sportelli antiviolenza e counseling (80 donne seguite con percorsi già conclusi o in corso), che hanno usufruito dei servizi di orientamento al lavoro, corsi di italiano per straniere, educazione finanziaria e informatica (oltre 150), o che hanno scelto gruppi per arricchire il proprio tempo libero con corsi teatrali, di scrittura, di lavoro a maglia, cineforum etc.
«La nostra attenzione ultima su questo tema, anche grazie all’apertura dei centri Milano donna, si è concentrata sulla prevenzione – dichiara l’assessore alle Politiche sociali e abitative Gabriele Rabaiotti – intesa come costruzione di un contesto sociale, dentro le comunità, attento a dare espressione alle voci “al femminile” e a rafforzare le relazioni e la coesione per contrastare processi di isolamento e di abbandono. Questo spesso costituisce una condizione che rischia di precipitare in episodi di maltrattamento e di violenza».
Nel 2020 la Rete antiviolenza ha seguito e accompagnato circa 2.089 donne (nel 2016 erano 1.671). Circa 5mila i contatti e più di 20mila le persone (uomini e donne) intercettate dalle attività di sensibilizzazione, informazione e formazione organizzate dai centri.
Sono 9 i Centri antiviolenza (aumentati di due unità nell’arco degli ultimi cinque anni) più un presidio sanitario presso ATTS Santi Carlo e Paolo (Centro ascolto e Soccorso donna). E grazie alle nove Case rifugio e ai soggetti convenzionati in questi ultimi anni, Milano può contare su circa 40 posti letto a disposizione dei nuclei mamma/bambino e per donne sole dislocati in comunità, appartamenti e spazi collettivi protetti.
Tutte le informazioni sul sito https://www.reteantiviolenzamilano.it.
Tutto questo lavoro è stato contemporaneamente accompagnato da eventi e iniziative, anche nelle scuole, che si sono posti l’obiettivo di promuovere una vera cultura della parità di genere per una società paritaria e solidale. Per l’8 marzo è stato varato, infine, il primo Bilancio di genere del Comune di Milano.
