Ce lo siamo detti tante volte nei mesi scorsi: la priorità deve essere la salute e l’attenzione a evitare i contagi. Così è stato per le decisioni che hanno portato alla nascita del progetto dell’Hotel Michelangelo voluto dal Comune di Milano e realizzato con una convenzione con Prefettura, ATS Milano Città metropolitana e ASST Milano nord con l’autorizzazione della Protezione civile nazionale, che se n’è accollata le spese di gestione (circa 500mila euro al mese): 280 stanze, su 16 piani, offrendo una molteplicità di servizi: dalla prima accoglienza ai pasti giornalieri forniti da Milano Ristorazione (oltre 28mila tra pranzi e cene e circa 14.000 colazioni), dai cambi di biancheria settimanali alla connessione Wi-Fi, dal monitoraggio della salute al supporto psicologico.
Dal 30 marzo l’Hotel Michelangelo ha aperto le sue porte al primo ospite e da allora sono state accolte 511 persone che vivevano in contesti non consoni a passare il periodo di quarantena dopo essere risultate positive al Coronavirus o essere state a contatto stretto con persone positive: 348 uomini e 163 donne, per più del 50% provenienti da ospedali, per il 23,5% da strutture collettive di accoglienza, per circa il 15% da caserme delle Forze dell’ordine; il restante circa 10% era composto da contatti avvenuti tramite i canali del Comune di Milano (come Milano aiuta), di ATS Milano Città metropolitana e da medici di Medicina generale.
Attualmente sono meno di quaranta le persone presenti (mediamente gli ospiti sono stati 120, con un picco di 200 presenze giornaliere tra metà aprile e metà maggio) e saranno seguite nelle prossime settimane dal presidio sanitario allestito dalla Croce rossa italiana nella struttura di accoglienza collettiva del Comando Aeroporto di Linate dell’Aeronautica militare, messa a disposizione dal Ministero della difesa.
Questo dimostra l’impegno per la salute, l’attenzione al territorio e alle situazioni concrete che emergevano in città e la capacità di rispondere con tempismo ai problemi. Guarda i risultati del Progetto Michelangelo – Residenza per soggetti in quarantena che non possono dimorare presso il proprio domicilio
In vista dell’autunno e col timore che il virus torni a diffondersi, serve comunque rafforzare la sanità territoriale e la rete di assistenza domiciliare. Perciò è bene mettere a tema una riflessione organica sul sistema sanitario lombardo, come proposto dal PD regionale che ha organizzato tavoli di lavoro per parlare della sanità lombarda, a partire dalla riorganizzazione della salute sul territorio, la prevenzione e la cura, il modello sanitario che deve passare da servizio e progetto sociosanitario, il confronto con altri modelli regionali.
Parallelamente è urgente avviare la tanto attesa Commissione d’Inchiesta su Covid-19 in Regione Lombardia, la cui partenza è vergognosamente bloccata dalla maggioranza.
Nel frattempo, in settimana, in Regione Lombardia è passata anche coi voti di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia la mozione PD che ha chiesto la pubblicazione dei fondi destinati agli ospedali privati, che secondo Gallera «vanno ringraziati perché hanno aperto le loro terapie intensive e le loro stanze lussuose ai pazienti ordinari» e i dati relativi al contributo delle cliniche private durante l’emergenza Covid.
Infine, va fatta una seria riflessione sul personale sanitario.
Nei prossimi anni un grande numero di medici specialisti e di medici di famiglia andranno in pensione, senza che il ricambio possa essere garantito da nuovi professionisti formati per i vincoli legati al numero di posti nelle scuole di specialità finanziate dal livello nazionale.
Per colmare il debito numerico e per assicurare il previsto ricambio generazionale nelle professioni, va adottato uno specifico piano pluriennale che riveda i contingenti, oggi troppo esigui, di:
• Accesso ai corsi universitari di specializzazione per i medici, portando a 100 le “borse” annuali aggiuntive finanziate con risorse regionali, e programmando così le specialità su cui investire in base alle esigenze specifiche e alle criticità del sistema;
• Accesso ai corsi di formazione per medici di famiglia, incrementando di 150 unità le “borse” regionali disponibili ed equiparandone il valore economico a quelle di specializzazione universitaria, anche prospettando un loro coinvolgimento per le attività assistenziali poco complesse.
Per garantire al meglio l’efficacia e l’appropriatezza della cura è urgente anche valorizzare anche il ruolo degli infermieri e delle numerose e specifiche professionalità sanitarie. Abbiamo bisogno di un sistema dove ogni figura sia fondamentale, dove la ricchezza delle competenze sanitarie non venga razionata e dove si contrasti l’attuale appiattimento di competenze e abilità che, pur in presenza di percorsi formativi accademici di specializzazione, oggi non trovano pieno coinvolgimento nella cura del paziente. La presa in carico territoriale dei pazienti cronici è in questo senso una straordinaria opportunità per assegnare nuovi ruoli ed incarichi alle professioni sanitarie, garantendo una migliore integrazione fra ospedale e territorio.
Proposte:
• Partecipazione attiva delle professioni sanitarie al governo clinico e assistenziale con ruoli di responsabilità all’interno del management aziendale in base alle proprie competenze, in modo strutturato ed effettivamente riconosciuto all’interno dei Piani di Organizzazione Aziendali Sociosanitari;
• Definizione di nuovi ruoli da assegnare a infermieri e altri operatori sanitari nella gestione territoriale dei pazienti accompagnati da programmi di aggiornamento continuo.