Così è stata chiamata la silente e tragica morte di tanti anziani nelle case di riposo. Drammatiche e sconcertanti tante testimonianze che abbiamo sentito e letto dopo che, dall’8 marzo scorso, sono stati inseriti pazienti covid-positivi dimessi dagli ospedali per ordine della direzione sanitaria, causando contagi a catena e successivi decessi.
La questione interessa e coinvolge direttamente la città di Milano, poiché sul nostro territorio sorgono 60 case di riposo con una disponibilità complessiva di 8.000 posti letto per l’accoglienza e l’assistenza di una fetta di mondo sociale diventato fragile e, spesso, solo.
Sappiamo che la Giunta regionale ha avviato due commissioni di inchiesta per individuare eventuali responsabilità su quanto accaduto, da un lato nelle RSA e dall’altro nel Pio Albergo Trivulzio, che ha già portato a indagare il direttore generale di quest’ultimo per «epidemia colposa».
Anche il Comune di Milano ha avviato un approfondimento e ha convocato già due commissioni consiliari per capire i nodi dell’emergenza sanitaria. Sono stati, dunque, ascoltati in settimana il Direttore Generale di ATS, Walter Bergamaschi, e la Sindaca del Comune di Settimo Milanese, Sara Santagostino, Presidente della Conferenza dei Sindaci dell’ATS Città Metropolitana. Inoltre, era stata convocata una successiva commissione specifica sulle residenze socio assistenziali del Comune di Milano con l’audizione dei rappresentanti del Pio Albergo Trivulzio e dell’IPAB (Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza) Golgi Redaelli, che raccoglie in una realtà unitaria i tre Istituti Piero Redaelli di Milano, Camillo Golgi di Abbiategrasso e Piero Redaelli di Vimodrone. Tale commissione è, tuttavia, stata annullata perché i vertici convocati erano già impegnati con gli ispettori del Ministero della Sanità.
Inoltre, il nostro gruppo consiliare ha proposto una mozione (predisposta dal collega Rosario Pantaleo) che chiede riscontro, a chi ne ha responsabilità, di quanto messo in campo in funzione di domande specifiche e puntuali «al fine di ottenere riscontri chiari, certi e documentati rispetto alla gestione dell’emergenza sanitaria, come decretato dal Governo in data 31 gennaio 2020».
Vedremo come proseguiranno queste strade. Intanto, però, oggi è urgente dare risposte alle questioni ancora aperte e trovare soluzioni immediate per quello che ancora non sta funzionando nelle RSA, che rimangono piuttosto sole a gestire questo difficile frangente. In particolare:
– la gestione dell’emergenza sanitaria
– la fornitura dei dispositivi di protezione, che mancano sia per pazienti che per operatori sanitari
– i controlli con tampone ai pazienti e al personale (ma poi ci sono anche gli impiegati degli uffici, il personale delle mense e delle pulizie che vanno e vengono…)
– chi isolare e chi no
– la sostenibilità economica di tutta questa nuova macchina di spese, interamente sulle spalle delle singoli istituti: dispositivi introvabili e costosi, spese decuplicate per sanificazioni e risorse anche amministrative comunque limitate
– la carenza e l’assenza di personale, in parte perché in malattia in parte in ferie.
Successivamente, accanto all’accertamento delle responsabilità, sarà anche utile riflettere su quanto è preziosa la medicina di base legata al territorio, che costituisce un patto di alleanza tra le istituzioni, un riferimento indispensabile di prossimità per la comunità degli assisti, quella rete fatta da medici di base e dei distretti, cruciale nell’intercettare un male fin dal presentarsi dei primi sintomi ed evitare che degeneri e che, invece, è stata progressivamente smantellata nel corso degli anni…