In settimana si è vista una brutta pagina di vita politica. Protagonista della triste vicenda è stato il senatore Tommaso Cerno – eletto col Partito Democratico a Milano, proprio nel mio collegio e ahimè anche col mio voto! – e poi passato a Italia Viva. Intervistato nel corso di una trasmissione radiofonica, Cerno ha denunciato la segretaria del Pd milanese, Silvia Roggiani, di chiedergli «il pizzo di 18mila euro», cifra corrispondente ai contributi che egli stesso si era impegnato a dare al partito locale al momento della sua candidatura e mai versati nei mesi precedenti. Contributi che tutti gli eletti sono tenuti a versare in percentuale, per sostenere l’attività politica e le varie fasi elettorali.
È gravissima e inaccettabile l’accusa fatta: il pizzo è una pratica che rimanda al mondo mafioso ed è vergognoso paragonarlo a un impegno assunto liberamente dallo stesso candidato. Inoltre la diffamazione colpisce non solo la rappresentante del partito che gli ha assicurato un seggio “sicuro”, ma l’intera comunità politica che ha lavorato per la sua stessa elezione.
Questo fatto ci deve però anche far riflettere su come siano selezionati i candidati e come – o meglio da chi – vengano proposti. Perciò apprezzo il fatto che, forte anche di questa esperienza, la stessa Silvia Roggiani abbia «presentato all’assemblea nazionale del Partito Democratico, un documento, condiviso con la segreteria e sottoscritto da oltre cento segretari di circolo, per chiedere che non accada più che i territori non vengano coinvolti nella scelta delle candidature. Lo dobbiamo al cuore pulsante del nostro Partito, alle donne e agli uomini impegnati ogni giorno a lottare per un’Italia migliore. Siamo orgogliosi di militare in una comunità che si impegna per costruire un Paese che guarda avanti e non lascia indietro nessuno. E in questa direzione va il piano che abbiamo presentato oggi, con proposte concrete per la crescita dell’Italia».
La risposta di Silvia Roggiani alle calunnie del senatore Tommaso Cerno