Durante la seduta di Consiglio di lunedì 13 gennaio, un improvviso crollo di detriti e sassi a 18 metri di profondità hanno causato la tragica morte del 42enne capocantiere Raffaele Ielpo, che lavorava alla nuova linea della M4 al manufatto Tirana. Oltre a esprimere un doveroso cordoglio per la famiglia del lavoratore e solidarietà ai suoi colleghi, l’incidente mi pone alcuni temi di riflessione.
Il primo riguarda il sacrificio umano di lavoratori che lasciano la propria famiglia per mantenere un lavoro: Raffaele Ielpo era originario di Lauria (in provincia di Potenza, Basilicata) e dal 2001 lavorava agli scavi delle gallerie, fino a diventarne un tecnico di quarto livello. Grazie alla competenza maturata e alla lunga esperienza, viaggiò come capocantiere per il mondo: dalla Cina alla Norvegia, dal Sudafrica alla Danimarca, ma anche in diverse città italiane, tra cui Ravenna, Toscana per l’alta velocità e il traforo del Monte Bianco. Da due anni e mezzo viveva a Buccinasco per stare vicino al cantiere e tornava a casa solo per le feste. Questo evento ci fa riflettere sul costo umano di un’opera per noi scontata come la metropolitana, frutto in effetti di ore di lavoro, di sacrifici e anche rischi.
Il secondo mi fa doverosamente interrogare sulla prevenzione della sicurezza nei cantieri delle nuove metropolitane, considerato anche l’incidente accaduto più di due mesi fa e che aveva causato gravi lesioni a un altro lavoratore. Il Comune di Milano è impegnato sul fronte della sicurezza del lavoro: da due anni è avviato un Protocollo d’intesa tra Comune di Milano, Città metropolitana, ATS, Ispettorato territoriale del Lavoro, INAIL e Vigili del fuoco per il coordinamento delle attività del “Centro per la cultura della prevenzione nei luoghi di lavoro e di vita”. Ma non basta, questo Protocollo scritto sulla carta deve diventare un patrimonio condiviso di buone regole applicate quotidianamente e col giusto rigore a tutti i livelli: imprese, lavoratori e istituzioni, invece su questo versante c’è ancora molto da fare.
La terza riflessione è sulle opportunità e sulla cultura del lavoro: da qualche parte il lavoro c’è, da altre parti manca e questo produce emigrazione, soprattutto dal sud al nord. Quanto deve a lavoratori “in trasferta” lo sviluppo della nostra città? Sapremo mai essere grati a sufficienza a “gente di passaggio” come Raffaele Ielpo, per l’apporto che hanno dato alla crescita di una città come Milano? Il nostro impegno deve essere volto a creare sempre nuove occasioni di lavoro per il progresso sociale ed economico del Paese, ma insieme anche a diffondere una cultura del lavoro che rispetti il lavoratore coi suoi ritmi, che sappia riconsiderare il concetto di fatica, che valorizzi l’ozio insieme e non contro le attività di profitto, che permetta di conciliare l’attività familiare.