Il Comune di Milano investe nel sostegno ai percorsi di autonomia dei giovani con problemi di salute mentale attraverso il progetto “Habitat sociale”, portato avanti insieme all’ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda e all’ASST Fatebenefratelli-Sacco, che prevede di promuovere e sviluppare programmi integrati di riabilitazione domiciliare dedicati ai ragazzi di età compresa tra i 18 e i 35 anni.
La sperimentazione attivata nel 2016 con il coinvolgimento progressivo di 16 giovani, prevedeva, oltre alle finalità riabilitative, un percorso di housing che è stato portato avanti da 11 persone negli spazi comunali di via Senigallia 60, concessi in comodato d’uso gratuito all’ospedale Niguarda, capofila del progetto, e all’interno dei quali sono stati ricavati 5 monolocali e uno spazio abitativo comune per favorire lo sviluppo di relazioni sociali anche con il quartiere, per esempio attraverso la realizzazione di un orto.
Tale sperimentazione viene ora prolungata fino al 2022, rinnovando alle stesse condizioni l’accordo con le ASST e la concessione temporanea dell’immobile di via Senigallia all’interno del quale si prevede di utilizzare ulteriori spazi da adibire ad attività commerciali, al fine di attivare progetti di inserimento lavorativodei pazienti ospitati, e all’implementazione di esperienze di imprenditorialità sociale. L’Amministrazione destinerà al progetto, inoltre, 180mila euro, ovvero 60mila euro all’anno per il triennio.
Si tratta di un progetto promettente per il futuro, perché non si limita a rispondere all’emergenza abitativa, ma comprende un piano di riscatto sociale, dove l’esigenza di una casa si intreccia con il diritto a condurre una vita autonoma, pur in condizione di disabilità, che comprende contemporaneamente la capacità di autosostenersi con un’attività lavorativa che produca reddito e, dunque, consenta di essere autosufficienti. «Siamo molto contenti – dichiara l’assessore alle Politiche sociali e abitative Gabriele Rabaiotti – di aver sostenuto un progetto che ha dato risultati positivi contribuendo a garantire a diverse ragazze e ragazzi il diritto ad avere una vita autonoma e favorendo l’incremento non solo della capacità di autodeterminazione, ma anche della stima di sé. Per questo motivo vogliamo che il progetto prosegua e si espanda, arrivando a promuovere anche l’inserimento lavorativo e quindi il raggiungimento di una concreta autosufficienza economica per i pazienti presi in carico. Tutto questo accade all’interno di un nostro quartiere di case popolari che, sono sicuro, saprà accogliere i nuovi abitanti».L’attenzione e l’impegno del Comune di Milano per chi è più in difficoltà si attesta anche nella vicenda di Marcos Alexandre Cappato De Araujo, il giovane studente milanese che giorni fa aveva denunciato i tagli al trasporto dei disabili che l’avevano costretto a rinunciare alla frequenza scolastica: l’assessore alle Politiche sociali Gabriele Rabaiotti ha proposto di stanziare nuove risorse a partire dalla prossima delibera della Legge di Bilancio per attivare uno speciale “fondo dedicato”, a cui ogni disabile potrà attingere presentando un proprio progetto.
Questo succede nella città di Milano, mentre Regione Lombardia – con la delibera n. 2720 votata il 23 dicembre 2019 –, pur incassando dallo Stato 90 milioni per politiche regionali in favore dei disabili, stanzia solo 10 milioni e peggiora così le misure politiche dedicate ai disabili gravissimi (misura B1) e gravi (misura B2) a partire dal febbraio 2020.
Modificando le regole sui contributi a sostegno delle persone, Regione Lombardia pone il limite del livello di prestazione mensile a 400 euro (nel 2019 erano 600 euro, nel 2018 erano 1000 euro), imputandolo all’adeguamento a una norma statale, quando invece non sussistono vincoli nazionali, anzi le regioni possono integrare le risorse e modulare come vogliono i contributi.Inoltre, la Regione introduce anche una soglia di accesso al contributo in base al reddito Isee di 50mila euro (65mila per disabile minorenne).Infine, l’assessore Bolognini (Lega) parla del «rispetto di alcune fondamentali condizioni, tra cui la regolarizzazione dell’eventuale caregiver», che – come evidenzia il racconto di un’esperienza del Corriere della Sera – equivale ad “assumere” un proprio familiare vincolando per assurdo orario di prestazione e contributo stesso, quando prima il contributo complessivo era di 1100 euro indipendentemente dalle ore di assistenza contrattate.
In conclusione, i tagli regionali non fanno il bene delle famiglie lombarde più in difficoltà.
È pur vero che le risorse stanziate quest’anno sono maggiori rispetto ai 4 milioni dello scorso anno; ed è vero anche che il numero dei beneficiari è triplicato, passando dai 2.400del 2013 ai 7.200 di oggi. Ma l’assessore Bolognini non spiega perché non sono state reinvestite su politiche ad hoc tutte le risorse incassate dal Governo centrale che, a quanto pare, è molto più attento e sensibile al grido di aiuto delle famiglie. Il Governo, infatti, ha varato il Primo piano nazionale per le non autosufficienze, che per la prima volta fissa una dotazione finanziaria triennale (2019-2021) per le regioni, consentendo così continuità e stabilizzazione delle misure rivolte alle persone con disabilità: grazie a questo piano sono arrivati 91,2 milioni in Lombardia nel 2019, nel 2020 90,8 milioni e nel 2021 ancora 90,5 milioni di euro. Per questo il gruppo Pd in Consiglio Regionale ha presentato una mozione a difesa delle famiglie che devono fare quotidianamente i conti con una disabilità che rende più pesante e oneroso il carico familiare e che si attenderebbero da parte delle istituzioni interventi a sostegno, non solo di tipo economico ma strutturale.