È dell’anno 1920 il Regolamento di Polizia Urbana del Comune di Milano, a cui il Consiglio comunale ha introdotto una modifica con l’inserimento dell’articolo 135 dal titolo “Aree urbane ove opera l’ordine di allontanamento”.
Tale articolo individua le aree in cui Polizia Locale e Forze dell’Ordine potranno emettere gli ordini di allontanamento, oltre a quello già previsto dalla legge n. 48 del 2017 che prevede la possibilità di emanare questa disposizione nei confronti di chiunque ponga in essere condotte che impediscano l’accessibilità e la fruizione di infrastrutture ferroviarie, aeroportuali marittime e di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano.
La stessa legge infatti offre la possibilità ai comuni di individuare ulteriori aree urbane in cui applicare queste stesse disposizioni. Il Comune di Milano ha individuato le aree adiacenti (fino a 100 metri) i plessi scolastici di ogni ordine e grado, gli istituti universitari e di ricerca; le aree destinate allo svolgimento di fiere, mercati e pubblici spettacoli; le aree adibite a verde pubblico; le aree adiacenti i presidi sanitari, gli ospedali, le case di cura e le cliniche; le aree e parchi archeologici, complessi monumentali e altri siti e luoghi della cultura. A queste aree si aggiungono altre zone e vie con indirizzo preciso, come emerso dal lungo lavoro di ascolto di Municipi, comitati e associazioni di categoria.
Le sanzioni previste insieme all’ordine di allontanamento vanno da 100 a 300 euro, mentre per la violazione dell’ordine di allontanamento si aggiungono da 200 a 600 euro.
Certamente la sicurezza non si ottiene con un provvedimento in più, ma è frutto di un sistema di azioni sinergiche di più attori e su diversi fronti. Tuttavia, al di là delle contestazioni di una parte della maggioranza, credo che potrà essere utile sperimentare questo strumento per esigere maggiore rispetto di alcune aree costantemente prese di mira da vandali o persone moleste le cui condotte limitano, danneggiano o impediscono la fruizione dei luoghi, al fine di promuovere rispetto delle regole e sicurezza in tutta la città.
Ciò non contrasta affatto con l’impegno ad affrontare i problemi sociali e a dare una risposta a situazioni di marginalità: dobbiamo distinguere tra chi ha un reale bisogno e chi è responsabile di comportamenti inadeguati e conformi a reati (come sporcare, defecare, distruggere, molestare, truffare…). Per questo ho firmato anch’io un emendamento proposto dal PD per cancellare dal decreto il riferimento a «persone dedite ad accattonaggio molesto».
Promuovere il rispetto dei diritti delle persone e predisporre un percorso attento ai più deboli non contrasta affatto con l’impegno ad affermare comportamenti corretti che permettono la convivenza civile.
Il Comune di Milano ha un articolato piano sociale che lavora con interventi mirati sulle marginalità, sulla coesione sociale, sulla residenza fittizia, sull’emergenza abitativa, sull’accoglienza per richiedenti asilo e senza fissa dimora. E tutto questo lavoro garantisce sul fatto che, evidentemente, tutte le volte che si incontra una persona bisognosa la si segnala ai servizi sociali, non la si allontana semplicemente dalla città. È così oggi e continuerà ad esserlo anche dopo l’introduzione di questa norma.