22 giugno 2019
Con l’entrata in vigore del decreto sicurezza, il nodo dell’integrazione – vero problema della presenza di immigrati nel nostro Paese – è stato messo in discussione e con esso tutti i percorsi attivati dalla rete degli enti locali per la realizzazione di progetti di accoglienza integrata.
Col decreto dell’ottobre scorso, infatti, il vecchio Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) è stato sostituito dal nuovo sistema denominato Siproimi (Sistema di Protezione per titolari di Protezione Internazionale e per Minori stranieri non accompagnati) che prevede la possibilità di accogliere persone già titolari di protezione internazionale o con permessi di soggiorno “speciali” (cure mediche e casi speciali), ma preclude, tra le altre cose, l’accesso ai richiedenti asilo regolarmente presenti sul territorio.
«Il sistema milanese di accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati, che negli anni ha dimostrato di poter essere un modello virtuoso per tutto il Paese, – spiega l’assessore alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino – viene messo in difficoltà per il silenzio colpevole del Ministero dell’Interno che, dopo aver approvato un decreto sicurezza che di fatto cancellava lo Sprar, ha omesso di definire le nuove regole, abbandonando gli enti locali in un limbo di incertezze e costringendoli a non chiudere i grandi centri dove si rischia di fare male integrazione. Il ministro Salvini vuole i migranti col cappellino in giro per la città a fare l’elemosina. Il suo è un disegno politico chiaro e lucido: meno integrazione produce maggiore sensazione di insicurezza. Un disegno politico dannosissimo».
Per queste ragioni, il Comune di Milano ha approvato con una delibera la manifestazione di interesse a proseguire l’accoglienza dei migranti all’interno del nuovo sistema Siproimi, ma non coi numeri che si era fissato inizialmente. Infatti, il 26 settembre 2018, l’Amministrazione aveva inoltrato al Ministero dell’Interno la domanda per ampliare l’accoglienza di secondo livello, passando da 422 a mille posti nel sistema Sprar, a scapito di quella di primo livello garantita nei Cas (centri di accoglienza straordinaria) comunali. L’obiettivo era quello di puntare su un’accoglienza di qualità che individuasse nelle attività finalizzate all’integrazione (corsi di italiano o di avviamento al lavoro, ad esempio) il punto focale del progetto. A quella domanda non è seguita nessuna comunicazione. Il 4 ottobre 2018 è stato, invece, approvato il cosiddetto decreto sicurezza che ha cambiato le regole in materia di immigrazione e accoglienza, escludendo dagli Sprar i richiedenti asilo già regolari.
Con una nota del 17 maggio 2019, il Ministero ha chiesto ai Comuni che, come Milano, non intendevano concludere i progetti di seconda accoglienza al 31 dicembre di manifestare l’interesse a proseguire, mantenendo però un numero di posti pari o inferiore a quelli già finanziati. Per le Amministrazioni, si è reso necessario, dunque, ritirare la richiesta di contributo precedentemente presentata, per non correre il rischio di perdere l’intero finanziamento.
«Il Ministero dell’Interno – prosegue l’assessore Majorino – rimanda da ottobre la definizione delle regole che definiscono il neonato sistema Siproimi, insiste sull’apertura dei grandi centri dove è impossibile realizzare attività che favoriscano l’integrazione e costringe le amministrazioni locali a escludere i richiedenti asilo che non possono più essere ospitati nonostante abbiano un regolare permesso di soggiorno, scaricando sui comuni la responsabilità di gestire la sicurezza con centinaia di senzatetto in più per le strade. È una posizione sconcertante che sta mettendo a dura prova il sistema milanese che finora ha retto molto bene, anche durante l’emergenza sbarchi. La delibera approvata dalla Giunta si adegua a una richiesta ministeriale, ma l’Amministrazione si riserva di valutare l’adesione ai nuovi progetti di accoglienza Siproimi quando il Ministro Salvini si degnerà di comunicarci le regole di ingaggio perché non siamo disposti a prestare il fianco a chi vuole un’integrazione di serie B».
Caratteristiche principali del precedente Sistema di protezione erano:
- il carattere pubblico delle risorse messe a disposizione e degli enti politicamente responsabili dell’accoglienza, Ministero dell’Interno ed enti locali, secondo una logica di governance multilivello;
- la volontarietà degli enti locali nella partecipazione alla rete dei progetti di accoglienza;
- il decentramento degli interventi di “accoglienza integrata”;
- le sinergie avviate sul territorio con i cosiddetti “enti gestori”, soggetti del terzo settore che contribuiscono in maniera essenziale alla realizzazione degli interventi;
- la promozione e lo sviluppo di reti locali, con il coinvolgimento di tutti gli attori e gli interlocutori privilegiati per la riuscita delle misure di accoglienza, protezione, integrazione in favore di richiedenti e titolari di protezione internazionale.