Ho partecipato in settimana a un incontro su “Demografia e futuro della città”, organizzato dalla Presidenza del Consiglio Comunale, Laboratorio Milano 2046 insieme all’Università Cattolica. Per le attenzioni che sto sviluppando sui temi familiari, mi è parso importante approfittare di questa occasione per guardare al futuro della città e pianificare gli obiettivi da perseguire, tenendo conto della sua evoluzione demografica.
Infatti, quando si pensa al presente e alle politiche da pianificare e da sostenere, è importante saper sollevare lo sguardo e avere una logica di lungo periodo, pena il rischio di non essere all’altezza del nostro compito e non assolvere con serietà l’impegno istituzionale.
E forse queste attenzioni di ascolto e confronto sono tanto più importanti in momenti positivi come quello che Milano sta attraversando oggi, perché è importante non crogiolarsi nel presente, ma riuscire a guardare avanti e domandarsi dove vogliamo andare.
Alla domanda “quale nesso intercorre tra gli sviluppi demografici e il futuro che una città come Milano vuole darsi?” ha risposto il prof. Alessandro Rosina, Professore ordinario di Demografia, Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano.
L’analisi demografica è un punto di partenza prezioso e oggettivo, poiché le trasformazioni demografiche sono il dato più solido che abbiamo per guardare il futuro, non sapendo infatti prevedere come andrà l’economia, come si svilupperà il pil o altro.
Oggi ogni generazione deve reinventarsi rispetto alle precedenti: fino al secolo scorso c’era un equilibrio con coordinate fisse che si ripeteva abbastanza immodificato di generazione in generazione. In questo nostro tempo, invece, dobbiamo interrogare le condizioni delle nuove generazioni per sapere se andiamo o meno nella direzione giusta. Questo è un grande interrogativo.
Le trasformazioni in atto nel nostro secolo sono caratterizzate dalle tre “i”:
- Invecchiamento della popolazione
- Immigrazione
- Innovazione tecnologica
Grandi tendenze sono in atto: il mondo continuerà a crescere dal punto di vista demografico, ma con molte differenze. Siamo entrati nel secolo in cui la popolazione smetterà di crescere fino a stabilizzarsi. La grande incognita è l’Africa. L’Asia è in evoluzione abbastanza prevedibile.
L’Italia e al centro di questo mondo che cambia in una certa direzione: o si fa protagonista o rischia di essere schiacciata dal cambiamento in atto.
Succederà che la Germania e la Nigeria avranno uno sviluppo inversamente proporzionale: dobbiamo capire cosa implica questo cambiamento!
La gran parte dell’immigrazione è intracontinentale, non avviene attraverso i barconi!
Stiamo andando verso un’evoluzione demografica con una base sempre più ridotta perché i giovani saranno sempre meno.
Dobbiamo gestire il problema dell’immigrazione e dell’invecchiamento, dobbiamo produrre un pensiero, un’azione e delle soluzioni.
Le sfide della demografia nel XXI secolo sono quattro:
- Non siamo mai stati così tanti: va creato un ambiente sostenibile;
- Non c’è mai stata una crescita così piena di squilibri nel mondo, che vede l’Europa in declino e l’Africa in crescita accelerata;
- Non ci sono mai stati così tanti anziani: gli over 65 sono la fascia in maggior crescita nel nostro secolo;
- Non ci sono mai stati così tanti stranieri che vivono in un posto diverso rispetto a dove sono nati.
Vivere nelle città oggi è la cosa più normale, dunque le sfide demografiche sono sfide delle città:
- Non siamo mai stati così tanti: a crescere è soprattutto la popolazione urbana;
- Non c’è mai stata una crescita così differenziata sul territorio, in particolare cresce la popolazione urbana dei paesi emergenti;
- Non ci sono mai stati così tanti anziani over 65 soprattutto nelle città dei paesi più ricchi;
- Non ci sono mai stati così tanti stranieri nelle grandi città dei paesi più ricchi.
Come possono le città occidentali vincere tali sfide? C’è un fattore quantitativo, che riguarda l’attrattività e la rete di flussi, e un fattore qualitativo, che combina la dinamicità e l’innovazione con la sostenibilità, la qualità della vita e la bellezza: la scommessa per le grandi città è gestire la crescente complessità e il rapido cambiamento contenendo il rischio dell’intreccio tra diseguaglianze sociali e territoriali.
Le grandi città europee crescono, soprattutto in Germania. La situazione di Milano è simile a quella delle grandi città europee in espansione.
Ma quale crescita ci interessa? Non possiamo rinunciare a crescere perché non possiamo pensare che le nuove generazioni staranno peggio. È dunque importante riuscire a gestire un cambiamento che si riveli un miglioramento, che cioè ci sia un nuovo trend positivo che si aggiunge al presente. Che cosa vogliamo che cresca?
- Le nuove generazioni: dobbiamo avere la consapevolezza delle grandi trasformazioni in atto (essere parte del mondo che cambia);
- Chi attraiamo: il nuovo è chi arriva. Chi arriva deve essere elemento di crescita.
- Le stagioni della vita: il corso della vita si estende e questa “quantità di vita in più” deve diventare “qualità in più della vita” come valore. Dobbiamo dare spazio al nuovo e metterlo nelle condizioni di contribuire a generare valore collettivo («Il futuro non invecchia»).
Dobbiamo guardare al ponte dell’Italia con il mondo, al ponte tra presente e futuro e decidere quale rapporto avere con le altre grandi città europee, con le altre grandi città italiane, con il resto della Lombardia e con il resto dell’Italia.
Dobbiamo soprattutto avere consapevolezza delle nostre specificità: che cosa può dare/fare Milano?
La popolazione ora sta diminuendo più di quanto previsto (Istat). Tuttavia la popolazione di Milano cresce più di quanto previsto, perché Milano compensa la denatalità con l’effetto dell’attrazione e dell’immigrazione (straniera e non). Fecondità milanese è risalita e converge con il dato nazionale, ciò è buono perché di solito le città diminuiscono.
L’attrazione di Milano è soprattutto verso giovani e giovani adulti: ciò contrasta il dato dell’invecchiamento. Infatti negli ultimi 10 anni la popolazione a Milano è cresciuta soprattutto di 30-40enni, cosa anomala in Italia e importante perché si tratta di quella generazione ancora fertile che mette su famiglia. Ci sono pochi bambini, ma molti giovani (per attrattività). Milano può diventare un punto di attrazione per diverse etnie: oggi gli stranieri a Milano sono il 20%.
Poi ci sono i city users, i consumatori metropolitani, coloro che si recano in città solo per consumare servizi di tipo ricreativo, culturale o commerciale, che non hanno un rapporto stabile con la città per esigenze di lavoro come i pendolari: la città va ripensata anche su questi flussi che, se valorizzati, possono diventare stabili. L’idea di misurare la dimensione demografica della città e pensare a una pianificazione dei servizi solo sui residenti va superata. In particolare, i temi della formazione e del lavoro, interagendo con quelli dell’attrattività della città e della sua vivibilità, non possono essere declinati in modo efficace senza considerare anche la popolazione, a vario titolo, temporaneamente presente. Il loro contributo è cruciale e determinante per la vitalità e la produttività del tessuto cittadino (se adeguatamente valorizzato).
Inoltre, c’è un capitale umano formato dalle scuole e dalle università milanesi che, una volta formato, va altrove e che può essere qualcosa a cui dare valore, va cioè considerata l’importanza crescente di reti e flussi che si può far diventare sistema, con particolare rilevanza agli studenti fuorisede e al capitale umano milanese nel mondo (es. un giovane del sud che studia a Milano e poi va a lavorare all’estero e dunque esporta “milanesità”).
Infine ci sono i NEET, giovani che non hanno né cercano un impiego e non frequentano alcun corso di formazione o di aggiornamento professionale: i giovani sono una rarità, non possiamo permetterci di sprecarli! La Germania valorizza i suoi giovani e li inserisce nel mondo lavorativo nel modo migliore possibile.
Altro capitolo del problema è legato all’occupazione femminile che a Milano è vicino agli standard europei. Tuttavia a Milano c’è un gap tra l’occupazione femminile e la fecondità tra i più alti d’Europa, perché mancano opportunità di fare famiglia!
In conclusione, a Milano la popolazione cresce, ma le nascite diminuiscono: la denatalità però può produrre squilibri ed è un segnale per le scelte di vita, vale a dire che le attese e i progetti dei giovani di Milano sono gli stessi dei contemporanei di Berlino, ma la loro attuazione è più difficile per chi vive a Milano.
Infatti, Berlino ha messo in atto una crescente attenzione a garantire l’accesso a servizi per l’infanzia. Perciò, a Berlino hai la certezza che se hai un figlio sei aiutato a trovare adeguata informazione, strutture di qualità, costi limitati, grazie ad esempio a:
- Rafforzamento dell’offerta di base (strutture gestite direttamente)
- Integrazione flessibile con l’offerta privata (nidi-famiglia) regolata e pubblicizzata su sito Comune. Assistenza per situazioni non standard (lavoro di sera, fine settimana, ecc.) per chi non ha reti familiari di supporto.
- Riduzione dei costi (voucher in base alla condizione familiare, ma tendenza a rendere gratuito per tutti).
- Attenzione alla qualità (garantita dal Berlin Education Programm)
- Promozione conciliazione (informazione e incentivi) PMI.
Per concludere, alcune possibili coordinate:
- Riconoscere i grandi cambiamenti in atto (leggerli per tempo e adattare nuove soluzioni per non rimanere travolti)
- Tener conto delle condizioni economiche delle famiglie e della maggior incertezza di reddito (percorsi lavorativi nuove generazioni).
- Attenzione alle risposte non contingenti ma durature che mettono al centro il cittadino responsabile (accelerate dalla crisi: welfare comunitario, benessere relazionale, economica sociale).
- Cogliere opportunità di cambiamenti sottotraccia in sintonia con i valori del fare assieme e stare bene assieme: nuovi modelli di collaborazione e condivisione orizzontale (sharing economy, coworking, cohousing, coprogettazione, sostenibilità e qualità ambiente).
- Favorire soluzioni adattive: realtà sempre più complessa, esigenze sempre più diversificate e meno prevedibili (flessibilità e reversibilità delle scelte).
- Meno importanza al Pil e a consumo materiale e più importanza al processo continuo di produzione di benessere sociale cittadino: dando spazio al nuovo (nuove generazioni, nuovi milanesi, nuove età della vita, nuovi modi di gravitare attorno alla città) e misurando il miglioramento a partire dagli ultimi.
Alcuni punti critici in chiave (non solo) demografica:
- Anziani che hanno bisogno di aiuto che non trovano adeguati servizi sul territorio di assistenza o troppo a carico delle famiglie.
- 60-70enni in buona salute che vorrebbero usare meglio il loro tempo e il loro impegno sociale (anche problema solitudine).
- Giovani vulnerabili (non adeguatamente qualificati o formazione debole) che rischiano di cronicizzare condizione di NEET.
- Giovani intraprendenti con difficoltà a fare impresa e innovazione (rispetto altre grandi città europee), pur con eccellenze.
- Difficoltà di conciliazione tra lavoro e famiglia (andamento fecondità in sofferenza): copertura, costi, tempi servizi infanzia per classi sociali più basse.
- Opportunità delle donne nel lavoro e carriera continuano a chiedere più adattamento e sacrifici, minor possibilità di raggiungere obiettivi importanti.
Più in generale: fase di aspettative crescenti, ma va rafforzato il senso di un progetto collettivo, economico e sociale, in cui riconoscersi, coerente con specificità del territorio e all’altezza delle sfide di questo secolo.
MILANO 2046 – Rosina_presentazione 30genn2019
