Ho partecipato a un convegno di studio organizzato da ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) sul tema “Le nuove periferie urbane: la sfida delle città globali”, con la partecipazione dell’architetto Stefano Boeri, della Presidente della Fondazione Bracco Diana Bracco, del Presidente della Fondazione Casa della Carità don Virginio Colmegna, dell’Assessore del Comune di Milano Gabriele Rabaiotti e del Direttore Generale di Fondazione Cariplo Sergio Urbani.
Le città globali sono le realtà urbane più connesse e influenti del pianeta, in grado di attrarre talenti, opportunità e ricchezze, e di concentrare una varietà di etnie e fedi religiose, anziani e giovani, immigrati e residenti storici. Nelle città globali vive il 50% della popolazione e rappresentano l’80% della ricchezza mondiale; in particolare Milano produce da sola ben il 10% di tutto il PIL italiano, secondo una recente analisi di Ambrosetti.
Ma le periferie delle grandi città sono i luoghi in cui fragilità e tensioni tra mondi diversi sono più evidenti: la periferia, infatti, non è più solo una connotazione geografica che distingue un territorio distante dal centro, dai servizi, dalle opportunità, quanto piuttosto un territorio che soffre della mancanza di qualcosa, principalmente della mancanza di integrazione.
È possibile “ricucire” queste fratture e sanare i conflitti socio-culturali? Quali politiche pubbliche attuali andrebbero messe in campo? Quale il contributo dei privati? Queste città saranno in grado di vincere la sfida dell’inclusione?
È stata riconosciuta l’importanza di aver circoscritto i problemi delle più ampie periferie, chiamando in causa i quartieri quali protagonisti di un indispensabile patto con la comunità locale da coinvolgere attivamente in un processo di costruzione basato su legami di rispetto, fiducia, collaborazione reciproca. Queste sono ad esempio le premesse del progetto “La Città intorno” promosso da Fondazione Cariplo e dal Politecnico di Milano in collaborazione col Comune e volto a favorire il benessere e la qualità della vita in città coinvolgendo istituzioni, università, scuole, privato sociale, associazionismo locale, operatori economici, cittadini e con la partnership del Comune di Milano, poiché riqualificare le periferie non significa soltanto investire in ristrutturazione di beni materiali, ma anche riempire di iniziative sociali e di aggregazione i quartieri, per coinvolgere chi li abita e dare a tutti una possibilità di riscatto.
Attenzione però a non parlare di periferie come fossero un’altra cosa o da un’altra parte rispetto alla città: quando parliamo di periferie, parliamo della nostra città! Parliamo, nella fattispecie, di spazi che a lungo sono stati dimenticati o abbandonati dalle istituzioni e che giustamente oggi rivendicano un’attenzione e reclamano un investimento atteso invano da lungo tempo. In questi contesti dobbiamo riuscire a portare cose belle, iniziative significative, gente che produce scambi culturali e ricchezza di relazioni. Questa è stata la scommessa vinta dall’aver portato al Gratosoglio la mostra di Frida Kahlo, trasformando il quartiere per un lungo fine settimana in un’invidiata occasione culturale affiancata dall’attenzione ai cibi e sapori di Milano Food City e unita a momenti di convivialità, socialità, integrazione, animazione, concerti, danze, iniziative con le scuole per i bambini, tutti ingredienti indispensabili per far rivivere un quartiere.
Gli eventi sporadici e grandiosi sono pur importanti per accendere i riflettori, ma non bastano: per risolvere i problemi ci vuole tempo, bisogna lavorare sui legami di fiducia, è necessario ricucire relazioni basate sulla paura, l’indifferenza, la diffidenza verso le istituzioni. Questo è spesso l’umore che si avverte in chi abita i quartieri periferici. Allora qui bisogna ricostruire una amicizia civica, unica fondamentale arma per combattere la rottura della fraternità che spesso è proprio la causa e il male delle nostre più complesse periferie.