Oggi alla Festa dell’Unità – rigorosamente in periferia, all’Arci Olmi di Baggio – ho partecipato alla tavola rotonda sul tema “Pgt, abitare e periferie”.
Il nuovo Pgt Milano 2030 guarda ad una città che vuole crescere in maniera sostenibile e inclusiva, a partire da una ricucitura territoriale tra centro e periferia, per estendersi oltre i suoi confini in un’ottica di Città metropolitana. Nel progetto Milano 2030 però si preferisce parlare di 88 quartieri, cioè spazi abitati e vissuti, con tanta storia presente e passata.
Qui il tema dell’abitare si intreccia con quello dei “vuoti”, una delle componenti che portano al declino locale, acuiscono il senso di degrado e insicurezza, potenziano condizioni di perifericità, rappresentano importanti occasioni mancate di presidio e dinamismo in contesti che accentuano isolamento.
Per questo è molto apprezzabile il piano “Zero case vuote” dell’amministrazione e il monitoraggio trasparente dell’avanzamento del piano di riqualificazione degli alloggi popolari sfitti col ContaCase, il counter posto sulla home page del sito del Comune di Milano.
Circa le case vuote del patrimonio residenziale privato, va citato invece a mo’ d’esempio il progetto della rete Passepartout che con interessanti sperimentazioni lavora sulla (ri)apertura di un variegato patrimonio abitativo nella prospettiva di tradurlo in fattore di rigenerazione della città e offre opportunità di “buon abitare” con specifici progetti sociali o pedagogici.
Anche se il problema dell’abitare non riguarda solo le mura di una casa, ma le persone che vi abitano e le relazioni che si innescano, perché il “buon vicinato” è un’arte – come insegna l’Arcivescovo Delpini – non scontata, mai data una volta per tutte, non a costo zero, bensì un’arte da coltivare, curare, alimentare quotidianamente. Infatti è grazie alla qualità delle relazioni che uno spazio anonimo può diventare un luogo vissuto. Così si combattono anche le “periferie esistenziali”, ovvero quelle condizioni di vita rese fragili da una bassa socialità e da una scarsa capacità di relazione.
Su questo tema si inserisce anche il progetto Prendi in casa uno studente proposto dall’associazione MeglioMilano che propone la coabitazione tra un pensionato autosufficiente e un giovane non residente a Milano per condividere compagnia e alloggio. Il progetto si basa su un’idea molto semplice che produce un circolo virtuoso: l’avvicinamento di due generazioni per un aiuto e un confronto reciproco.
Sul fronte abitativo si stanno portando avanti anche sperimentazioni interessanti e innovative sia sul piano procedurale che rispetto alla destinazione d’uso.
Per esempio l’esperienza dei condomini misti, un modello che punta ad aumentare le case in affitto a canoni accessibili: sono stati recuperati nel corso dell’estate 175 alloggi con un investimento totalmente privato, per essere proposti in affitto a canoni accessibili a cittadini che si trovano, dal punto di vista reddituale, in quella zona grigia che non permette di accedere alle graduatorie erp ma nemmeno al mercato privato, in città molto spesso troppo oneroso.
Oppure l’esperienza di co-housing presso Cascina Boldinasco dove nascerà il progetto “Abitare in borgo”, grazie ai fondi europei, che prevede il risanamento conservativo della cascina e alloggi da affittare a canone convenzionato per ottenere un servizio abitativo fondato sulla reciprocità e sulla collaborazione: edilizia convenzionata in locazione a lungo termine e/o godimento d’uso a canone convenzionato, il 20% (minimo) sarà destinato all’emergenza abitativa temporanea, ovvero a famiglie in particolare stato di bisogno indicate dall’Amministrazione. Il modello abitativo sarà quindi integrato, sia perché i target dei destinatari saranno differenti, sia in relazione alla gestione condivisa degli spazi e dei servizi condominiali, e dovrà essere sostenibile sia dal punto di vista sociale che economico.
Inoltre, altro elemento di novità consiste nel fatto che verranno approntati spazi con funzioni di servizio per il quartiere, realizzati parcheggi pertinenziali, installate barriere anti rumore e riqualificate le aree esterne con verde attrezzato, in modo da completare il collegamento tra le aree del Portello e il Montestella. Una parte (il 40% circa) della superficie verde potrà continuare ad essere destinata ad orti. Ne risulta un abitare sempre meno isolato, capace di diventare sempre più occasione per connettersi e relazionarsi a livello territoriale.
La qualità della vita in periferia passa anche dalla qualità dell’abitare ed è importante introdurre nuovi abitanti puntando ad una rivitalizzazione sociale e a un mix abitativo.