22 febbraio 2018
Alcune famiglie milanesi e lombarde si sono viste recapitare in queste settimane una lettera in cui si invitavano i malati cronici a scegliere un “gestore” che si occupasse della cura della loro patologia. A fronte del disorientamento e dell’incertezza per questa nuova prospettiva offerta dalla sanità lombarda, è parso utile approfondire il tema in più d’una commissione e offrire il massimo di informazione, soprattutto vista la scarsa adesione dei medici alla riforma, il che apre interrogativi su quali ricadute avrà la riforma stessa sui cittadini malati cronici.
Nel mese di febbraio abbiamo dunque dedicato tre commissioni consiliari ad analizzare i contenuti della riforma sanitaria regionale relativa alla presa in carico dei pazienti cronici. In due occasioni è intervenuto il dottor Bosio, direttore generale ATS di Milano, che ha motivato la scelta di una simile riforma alla luce dell’andamento in crescita dell’indice di vecchiaia dal 2007 al 2017, delle proiezioni demografiche della popolazione lombarda dal 2005 al 2065 e all’incremento della quota percentuale di soggetti cronici dal 2005 al 2013: l’analisi delle cronicità nell’ATS della Città Metropolitana di Milano rivela che il 30% dei malati cronici assorbe oggi il 70% delle risorse del servizio sociosanitario, il che sollecita le istituzioni a lavorare in modo che il sistema sia sostenibile e si possano assistere in modo adeguato questi pazienti. Pertanto Regione Lombardia ha individuato 65 condizioni croniche principali, ha proceduto alla stratificazione dei malati in tre livelli di gravità e ha individuato il “quantum economico” corrispondente al trattamento di ciascuna categoria:
- Soggetti ad elevata fragilità clinica con quattro o più patologie complessive;
- Soggetti con due o tre patologie complessive;
- Soggetti con una sola cronicità in fase iniziale.
La delibera stabilisce che la Regione non pagherà più la singola prestazione, ma stabilisce il costo generale per la cura della patologia cronica per un anno per ciascun paziente.
Nell’ATS della Città Metropolitana i malati cronici sono 1.153.454, pari al 32% della popolazione e le patologie più frequenti sono l’ipertensione, il diabete, l’ipercolesterolemia e le cardiopatie. La novità della riforma propone a questi pazienti di affidare il proprio percorso di cura ad un unico “gestore” che gli organizzi tutto l’iter di cura. Detto così non suona male, peccato che il percorso nasconda diverse insidie.
Ma cominciamo col spiegare bene come avviene la scelta del “gestore”. L’ATS mantiene la regia della presa in carico, valida i gestori e gli erogatori e svolge un compito di monitoraggio e controllo come garanzia per la salute dei cittadini.
I cittadini malati (circa 400.000 nel Comune di Milano, oltre un milione nell’ambito della Città Metropolitana e 3.350.000 in tutta la Lombardia) hanno ricevuto in queste settimane una lettera in cui sono invitati a scegliere un gestore che si occuperà della cura della loro patologia. Quest’ultimo non potrà essere un singolo medico, ma dovrà essere un’entità collettiva: una cooperativa, una società, un fondo o qualunque soggetto con una natura sociale – pubblico o provato – e non necessariamente un soggetto di tipo sanitario.
Tra gestore e paziente viene stipulato un contratto vero e proprio, a seguito del quale il gestore manderà un medico dal proprio utente per redigere il cosiddetto Piano Assistenziale Individualizzato (PAI) , una sorta di scheda che riporterà l’anamnesi, le condizioni sanitarie attuali e le cure di cui necessita il malato. Il tutto non necessariamente tenendo conto del parere del medico di base.
A sua volta il gestore deve sottoscrivere un contratto con gli erogatori, cioè con le strutture sanitarie (pubbliche o provate), cioè laboratori, ambulatori ecc. che hanno la strumentazione e le capacità cliniche per assistere i cittadini reclutati dal gestore.
A questo punto i pazienti potranno eseguire gli esami e le visite relativi alle loro patologie unicamente presso gli erogatori con cui il gestore ha stabilito un accordo. Questo è il punto fondamentale di critica al sistema che ha portato a cinque ricorsi al TAR per anticostituzionalità sulla delibera reginale.
Inoltre, nonostante gli sforzi del Pirellone, alla fine a Milano città – su un totale di 884 medici di famiglia – solo il 29% dei medici di base e il 36% dei pediatri ha aderito al progetto. Di conseguenza chi dovrà occuparsi della cura dei cronici saranno prevalentemente nove ospedali pubblici e 37 strutture private (l’elenco completo è sul sito www.ats-milano.it).
Ancora, alla riforma si contesta il fatto che non consideri più il paziente con una visione olistica, ma che lo tratti solo come malato, concentrandosi sul singolo apparato anziché sull’insieme della persona. E l’intervento medico non potrà più essere personalizzato, bensì standardizzato. Soprattutto tutto questo impianto non lavora sulla prevenzione, poiché ha interesse a mantenere i malati cronici e anzi a farli aumentare di numero! In conclusione emerge come chi veramente si avvantaggia di questo nuovo sistema saranno i gestori a danno dei pazienti!
Infine, trovo scandaloso che in queste settimane si siano usati gli indirizzi dei malati per fare campagna elettorale, come denunciato da Giorgio Gori qualche giorno fa. Infatti è stata pubblicata una lettera indirizzata a una donna (tra l’altro deceduta nel 2011!) in cura per il tumore dal professor Alessandro Testori, medico che lavora presso il poliambulatorio So.med, ed ex direttore della Divisione Melanomi dello Ieo, il quale nella lettera cita candidamente il nome di Giulio Gallera (scrivendolo bene in maiuscolo e in grassetto!), assessore alla Sanità di Regione Lombardia, esponente di Forza Italia, che il destinatario viene inviato a votare alle elezioni regionali del 4 marzo. Una lettera inviata a tutti i pazienti che il professor Testori ha visitato e curato in 22 anni di carriera in una struttura convenzionata con il sistema sanitario regionale! Vergognosa ingerenza della politica nella sanità. Cattivo auspicio per la nuova riforma sopra esposta…