19 dicembre 2017
Siamo nel Municipio 5: dopo diversi incontri preparatori iniziati nella scorsa primavera, in settimana c’è stato il sopralluogo col sindaco Beppe Sala e Mirko Mazzali per continuare il percorso iniziato in primavera con parrocchia, associazioni e cooperative del territorio, l’Istituto comprensivo Arcadia a fronte dell’urgenza e del desiderio di riscatto del quartiere, per trovare un progetto simbolo capace di fare sintesi, di tenere insieme le tante voci e i tanti volti che hanno a cuore questa realtà, fuori da logiche assistenzialistiche, ma puntando su un protagonismo diretto. Con questo nuovo incontro si è aggiunto alla cordata anche il Politecnico di Milano, che apporta una riflessione allargata nell’ambito del design della comunicazione per il welfare.
Il lavoro di riscatto vuole partire dai valori delle relazioni e del lavoro, potenziando gli interventi educativi in parte già presenti nel territorio, riqualificando luoghi simbolo per il quartiere e avviando delle iniziative (anche imprenditoriali) in grado di offrire opportunità di formazione e lavoro per i giovani. Gli incontri svoltisi fino a inizio estate hanno portato a pensare a un progetto basato sulle sinergie tra persone che raccolgano la sfida in rete tra realtà radicate nel territorio e governate dalle istituzioni.
Una buona notizie c’è già: il prossimo bando periferie sarà aperto pure al Gratosoglio e, anche col contributo del Politecnico, puntiamo a coniugare riscatto del quartiere con bellezza urbana per riqualificare lo spazio pubblico.
Ora attendiamo la partecipazione di Aler, oggi assente, perché chiarisca quali contratti e quali garanzie di assegnazione ha posto in essere in questo angolo di città dimenticato.
Il Comune, da parte sua, assicura interventi per favorire chi lavora a sostegno della socialità.
A questo proposito, il mio giro è proseguito poi fino alla sede dell’Oklahoma, una comunità che abita spazi comunali a pochi metri dal confine con Rozzano, che nel 2016 ha ottenuto l’Ambrogino d’oro. Qui ho incontrato operatori e educatori che, attraverso un percorso individualizzato e di gruppo, lavorano per favorire l’inserimento sociale di minori italiani e stranieri in grave stato di disagio individuale e sociale, educando alla convivenza civile, alla legalità e all’autonomia in tutti gli aspetti della vita, anche con progetti curiosi quanto pratici quali il laboratorio di cucina dedicato all’integrazione attraverso il cibo.
L’utenza è prevalentemente costituita da giovani provenienti o da contesti familiari molto compromessi o dal carcere minorile come alternativa alla pena; da immigrati senza fissa dimora o in stato di abbandono. La comunità offre a tutti i minori ospiti un contesto di crescita che si caratterizza per: accoglienza immediata; progettualità per il futuro; solidarietà, integrazione e confronto tra coetanei; rapporto con il territorio.
Qui ho visto il riscatto della periferia e della città!