26 novembre 2017
Ho partecipato alla tavola rotonda organizzata a Villa Scheibler per festeggiare due speciali ricorrenze: il 60° di Quarto Oggiaro e il 55° della Fondazione Carlo Perini. Nell’ottobre scorso avevo già partecipato a un appuntamento istituzionale organizzato a Palazzo Marino dedicato alla Fondazione Perini, la più longeva realtà culturale che vive e opera in periferia.
Oggi, invece, l’invito era direttamente sul posto, perché non basta parlare di periferia: in periferia bisogna andarci!
Così, se è stato giusto e doveroso il riconoscimento tributato dalle autorità di massimo rilievo istituzionale nell’evento di ottobre, oggi l’incontro ha assunto la veste di un ritrovo in famiglia, con centinaia di cittadini desiderosi di conoscere e condividere pezzi di storia del quartiere, con la proiezione di filmati che hanno raccontato l’evoluzione di Quarto Oggiaro dagli anni ’30 ad oggi, con le testimonianze appassionate che hanno fatto la storia, come quelle di Antonio Iosa e Antonio Barbalinardo.
E io, in quanto Presidente della Commissione Periferie, sono grata e onorata per l’invito che mi è stato rivolto poiché ho colto l’occasione per ascoltare, ammirare e imparare.
La prima cosa che ho imparato è che la scommessa di rigenerazione urbana e sociale passa dalla cultura, che diventa riscoperta dell’identità storico-culturale, delle tradizioni popolari e della valorizzazione del patrimonio artistico e paesaggistico. A Quarto Oggiari si è affrontato il problema di degrado creando opportunità di incontro e aggregando attorno a temi di alto livello culturale.
Il secondo insegnamento della giornata di oggi è la constatazione del continuo movimento dalla periferia al centro, e viceversa dal centro alla periferia, movimento che rivitalizza la periferia e umanizza il centro. La Fondazione Perini è stata capace di sostenere questo movimento in un dialogo continuo e continuamente costruttivo, che non si è mai chiuso su sé stesso, non si è mai stancato di sollecitare i suoi interlocutori, non si è ritenuto autosufficiente e non è mai stato autoreferenziale. Invece con la storia di questi 55 anni ha dimostrato di credere nelle istituzioni e di voler collaborare con esse per un bene comune che va oltre i confini del proprio territorio in una fiducia e stima vicendevole che passa dalle istituzioni e arriva fino ai cittadini, che parte dal Palazzo ed entra nelle vie e nelle case della gente: questo è il vero modo di costruire la città e di fare il bene comune. Ne è scaturita una sorta di work in progress sempre attuale, che sa essere ancor oggi creativo e propositivo, alla ricerca di forme varie e ancora in evoluzione.
Il terzo insegnamento che mi porto a casa è il coraggio di stare, anche nelle situazioni più difficili, a testa alta nel quartiere, con orgoglio e dignità. Non è facile per chi abita a Quarto Oggiaro, eppure stasera ho visto tutta la dignità e l’orgoglio di appartenere intimamente e autenticamente a un territorio e la volontà di declinare questa appartenenza con un progetto, con un pensiero positivo, capace di scovare la bellezza e la vivibilità del quartiere, riempendo quel bicchiere “mezzo vuoto” fino all’orlo con progetti e mettendosi in gioco in prima persona, non delegando ad altri.
Incoraggiata da tanta positività ho lanciato anch’io la mia scommessa: la volontà di creare un itinerario culturale e turistico tra le periferie di Milano, un percorso che può sollecitare e risvegliare l’identità locale, che porta i milanesi e i turisti fuori dal centro, per ampliare visione, emozione e conoscenza della nostra città e delle sue periferie ricche di storie e di energie sociali.