20 ottobre 2017
Oggi ho avuto due diverse occasioni per riflettere sulla pace.
L’una durante la commemorazione dei “Piccoli Martiri di Gorla”, straziante e commosso ricordo di 186 bambini della scuola elementare dell’omonimo quartiere uccisi da un bombardamento aereo alleato. Durante la Seconda Guerra Mondiale, infatti, la mattina del 20 ottobre 1944 una squadra di aerei americani, decollati dal sud-Italia per bombardare gli stabilimenti siderurgici della Breda di Sesto San Giovanni, dopo un errore nella rotta, sganciò grappoli di bombe sui quartieri popolosi di Gorla e Precotto e una di esse centrò in pieno la scuola elementare Crispi e uccise alunni e insegnanti, proprio nel luogo dove oggi sorge il monumento in memoria di questo fatto.
Le nostre azioni portano sempre con sé delle conseguenze: anche quando ci pare di operare dalla parte della ragione e per il bene, domandiamoci che seguito avranno le nostre azioni e le nostre scelte.
La seconda occasione mi è stata offerta dall’edizione milanese di Dialoghi di Pace presso la chiesa di Sant’Angelo a Milano, a cui ho partecipato come rappresentante delle istituzioni. Si è trattato di una lettura scenica a più voci, intercalata da brani musicali, del Messaggio che annualmente il Papa scrive per la Giornata Mondiale della Pace e che quest’anno papa Francesco aveva dedicato al tema “La nonviolenza: stile di una politica per la pace”.
Oltre ad essere un’esperienza culturalmente godibile per i contenuti, l’alto livello dei musicisti e la musica colta proposta, Dialoghi di Pace è anche un modo per unire le istituzioni da un lato e l’associazionismo ecclesiale e civile dall’altro per sottolineare la natura inclusiva dell’iniziativa e promuovere il valore della pace e uno stile di nonviolenza nell’agire comune.
La sensibilizzazione e la promozione della pace è un tema che accomuna tutti, credenti e non credenti, infatti l’annuale Messaggio pontificio non è rivolto ai soli cattolici, ma all’intera umanità.
Tuttavia nel testo di quest’anno, mi sono sentita particolarmente coinvolta perché si è parlato dello stile del fare politica che non può mai cedere ad alcuna forma di violenza, che non si può avvalere mai del potere come strumento di controllo, di prepotenza e di sopruso; anzi proprio l’impegno politico – come dice papa Francesco – ci deve portare «a diventare persone che hanno bandito dal loro cuore, dalle loro parole e dai loro gesti la violenza e a costruire comunità non violente, che si prendono cura della casa comune».
E conclude il Papa: «Operare in questo modo significa scegliere la solidarietà come stile per fare la storia e costruire l’amicizia sociale. La nonviolenza attiva è un modo per mostrare che davvero l’unità è più potente e più feconda del conflitto. Certo, può accadere che le differenze generino attriti: affrontiamoli in maniera costruttiva e nonviolenta, così che “le tensioni e gli opposti [possano] raggiungere una pluriforme unità che genera nuova vita”, conservando “le preziose potenzialità delle polarità in contrasto”».