10 ottobre 2017
Due progetti particolarmente significativi messi in atto nei quartieri di case popolari e presentati nelle commissioni congiunte Periferie e Politiche sociali e Periferie e Casa.
La prima riflessione parte dal report di un monitoraggio sui Custodi sociali, un servizio messo in atto dal Comune per azioni di prossimità a sostegno della domiciliarità, della socialità e della sicurezza. Ad oggi sono operativi sul territorio del Comune 152 custodi sociali che stanno vicini ai cittadini, affiancano i portieri sociali e collaborano con i Servizi Sociali Professionali Territoriali del Comune allo scopo di raccogliere le segnalazioni di bisogno e offrire servizi personalizzati.
Il rapporto presentato ha evidenziato una forte correlazione tra dimensione sociale e territoriale e ha rivelato che il custode sociale è un significativo presidio a supporto delle fragilità e, di riflesso, un prezioso strumento per cogliere ancor meglio i bisogni nel tempo, in particolare nei quartieri popolari. Dal rapporto, inoltre, è emerso con sorpresa che gli utenti che si rivolgono al servizio di custodia sociale a Milano sono prevalentemente italiani (85,3%) e solo 14,7% sono stranieri.
I custodi sociali sono anche un presidio sociale e territoriale a disposizione delle strategie di trasformazione urbana nel contesto del Piano Periferie: pensiamo per esempio al fatto che 44% degli anziani vive solo e che il 28% dei nuclei è di anziani soli o alla percentuale sempre sopra il 50% dei nuclei con vulnerabilità all’interno dei caseggiati popolari (disabili, anziani, famiglie monoparentali con figli minori).
Guarda il report 2016/2017 della custodia sociale nel sistema per la domiciliarità del Comune di Milano
Dai custodi sociali, passiamo ai nuovi “Laboratori di Quartiere” che il Comune vuole rilanciare come servizio di prossimità e presidio territoriale al fine di renderli “autogestiti” da parte delle realtà locali, promuovendo processi di protagonismo attivo della cittadinanza e sviluppando iniziative di coprogettazione di rete per stimolare e rafforzare il processo di autonomia gestionale. In quest’ottica il ruolo dell’Amministrazione comunale sarà quello di garantire il coordinamento e la supervisione delle attività, affiancare e supportare i soggetti locali e sostenere economicamente le attività con contributi.
Insieme a questo lavoro sul territorio, si cercherà però anche di intercettare eventi quali Book City, Piano City, Food City o altri che hanno rilevanza a livello cittadino per “dirottarli” all’interno dei caseggiati ERP al fine di raggiungere un’azione sinergica e trasversale sulle periferie e agganciare in questo modo la città coi suoi quartieri più fragili e lontani, non solo geograficamente quanto piuttosto dal punto di vista esistenziale.
Le linee di indirizzo dei nuovi Laboratori di Quartiere mi pare indichino un modo di operare molto significativo: individuata la fragilità di una periferia, si stabilisce un luogo di riferimento per il contesto territoriale che diventa qualcosa in più rispetto al vecchio progetto, trasformandosi in luogo di ritrovo sociale per mettere in campo progettualità e cercare collaborazione dal basso. Così dall’affidamento esterno, si passa al protagonismo attivo dal basso, consolidando le competenze che vi operano da sempre e integrandole con nuove risorse. Il passaggio è davvero rivoluzionario perché si passa dall’ottica del servizio calato dall’alto a quella dell’autogestione, che coinvolge privati (volontari, cooperative, parrocchie…) e pubblico insieme, con carattere integrato e trasversale. Scopo di questa integrazione e potenziamento delle reti è migliorare la qualità dell’abitare e del vivere in periferia.
Guarda le slide presentate in commissione