21 giugno 2017
Nella settimana del Pride di Milano che sfila a sostegno dei diritti di tutti e contro ogni discriminazione, noi continuiamo a lavorare per mettere insieme qualche nuova idea affinché Milano possa presto dirsi una “città amica della famiglia”: continua, infatti, l’impegno della Commissione di studio sulle Politiche familiari che questa settimana ha visto la partecipazione del professor Belletti del Cisf (Centro Internazionale di studi sulla famiglia) sul tema dei costi che gravano sulle famiglie, in particolare il costo dei figli, uno dei tanti ostacoli del fare famiglia e più in generale un problema legato al costo della vita.
L’economia ha mercificato il costo dei figli e ora fa una grande fatica ad uscirne: il costo di un figlio viene comparato a qualsiasi altro bene di consumo (un’automobile, una seconda casa, un bel viaggio…). La decisione di avere un figlio è vista sempre più come una sorta di merce su cui investire. Eppure la presenza di costi monetizzabili e non (mantenimemnto, accrescimento, tempo dedicato, relazionalità, opportunità di vita) costringe a pensare che, se è vero che i figli sono un costo, non hanno però un prezzo, perché non sono beni vendibili o acquistabili sul mercato. Il costo dei figli ha un valore relazionale che non ha prezzo e tantomeno è negoziabile.
Sul piano meramente economico tuttavia, la variabilità dei costi va valutata in funzione dei redditi ed è una forte discriminante sociale: la forbice tra chi può e chi non può investire su costi di accrescimento per un figlio si va allargando sempre più in rapporto alla ricchezza di una famiglia. La famiglia ricca spende molto per un figlio e, conseguentemente, quel figlio avrà opportunità in più nella vita. Per i figli, in effetti, servono:
– una disponibilità economica sufficiente a garantire l’incremento delle spese che una famiglia deve sostenere con l’arrivo dei figli; oggi c’è un oggettivo problema di minori sotto la soglia di povertà;
– il tempo su cui i genitori possono contare per occuparsi direttamente della cura; variabile che in una metropoli come Milano è molto significativa per i tempi dedicati agli spostamenti e il cumulo di cose da fare;
– la presenza di una rete di servizi che possano affiancare la famiglia nel compito di cura: la solidarietà tra generazioni può cambiare sensibilmente l’equilibrio della situazione economica.
Senza considerare che spesso la separazione di una coppia è spesso fonte di nuove povertà perché i costi si raddoppiano.
A livello comunale o nell’area metropolitana è importante mettere in atto azioni di sostegno alla famiglia che tengano conto degli ingredienti fondamentali del fare famiglia e li incoraggino e che siano in grado di far dialogare tra di loro le diverse progettualità. Innanzitutto creando una alleanza locale e avviando processi partecipativi per le famiglie, così da innescare dinamiche di partecipazione e luoghi di aggregazione, più nell’ottica dell’auto-mutuo aiuto che non dell’associazionismo (ad esempio il tema dell’apertura delle scuole sul territorio; la creazione di spazi e servizi “family friendly”; l’avvio di meccanismi di micro-finanziamento diffuso).
Le azioni che possono davvero segnare un segno di discontinuità da parte delle politiche dedicate alla famiglia confermano ancora una volta la dimensione trasversale capace di mettere insieme e di far dialogare costruttivamente attorno al tavolo famiglia i diversi attori