8 giugno 2017
Come si concilia il diritto e la possibilità di interrompere una gravidanza con l’obiezione di coscienza? È giusto che oggi un medico abbia questa possibilità? Com’è la situazione in Italia e negli altri paesi?
Ne ho parlato in una serata organizzata dai giovani democratici al Circolo Aniasi del Municipio 1, in corso Garibaldi, con Alessandra Kustermann, ginecologa e primario della Clinica Mangiagalli di Milano.
La mia posizione è che l’obiezione di coscienza è lecita, io la capisco, la rispetto e la difendo. E sostengo che, se proprio una donna vuole abortire, ci sono diverse modalità che si possono applicare con tempismo differente, senza arrivare x forza all’operazione chirurgica: dal 2009 in Italia è legale l’interruzione farmacologia e dal 2011 quella contraccettiva.
Ci sono poi due dati.
Il primo è che l’interruzione volontaria di gravidanza in Italia è diminuita del 63% rispetto al 1982: questo dice che la legge ha (quasi) raggiunto il suo scopo. Infatti l’art. 1 della 194/1978 recita «Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite». Se dobbiamo fare delle battaglie oggi, la mia è per diffondere EDUCAZIONE, INFORMAZIONE e PREVENZIONE: la cultura della vita salverà il mondo!
Il secondo dato dice che, se sono diminuite le donne italiane che abortiscono, sono rimasti pressoché stabili i numeri delle straniere, che ricorrono all’aborto per motivi economici, lavorativi, di fragilità sociale e psicologica. E purtroppo sono proprio quelle che la Regione Lombardia si ostina ad escludere dalle MISURE DI SOSTEGNO ALLA FAMIGLIA, imponendo loro – tra i requisiti – i cinque anni di residenza. Questa è la vera battaglia politica da combattere!